Alfredo Di Stefano, la Saeta Rubia

Considerato da molti il miglior giocatore di tutti i tempi, il leggendario Di Stefano trasformò il Real Madrid in mito.

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Alfredo Di Stefano, qui con la maglia del Real Madrid, era soprannominato la «Saeta Rubia» per la rapidità con la quale si muoveva in campo.

“Alfredo, questo gioco ci dà da mangiare, non ridicolizzarlo” lo ammonì il compagno e connazionale

Adolfo Pedernera quando, ai tempi dei Millionarios, Di Stefano scagliò un tiro potentissimo da trenta metri colpendo la traversa, il pallone rimbalzò fin fuori dall’area di rigore dove lui lo raccolse nuovamente e al volo lo spedì in rete con un’altra bordata terrificante. Centravanti dirompente, di una classe e di una potenza decisamente unica, Di Stefano era figlio di un italo-argentino e di una argentina di origini franco-irlandesi.

Nato a Barracas, uno dei barrios di Buenos Aires e cresciuto calcisticamente nel River Plate, diventò ben presto la perfetta rappresentazione del fuoriclasse a tutto campo, centravanti ma all’occorrenza pure centrocampista e difensore aggiunto. Ma sopratutto goleador. A 24 anni attirò l’attenzione dei Millionarios di Bogotà, prestigioso club colombiano che gli diede l’opportunità di guadagnare 20 volte di più. Capocannoniere in Argentina e in Colombia, lo fu per cinque volte anche in Spagna, dove Santiago Bernabeu lo volle fortemente nel Real Madrid che con lui al centro della prima linea vinse la Coppa dei Campioni cinque volte consecutive diventando la squadra più famosa del mondo. Arrivò nel 1953, quando aveva 27 anni e in Italia i dirigenti della Roma, che avevano comunque mostrato interesse nel tesserarlo, lo avevano ritenuto già troppo vecchio.

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Di Stefano e Puskás, coppia offensiva del Real Madrid.

Nei Blancos diventa il perno della squadra e costituisce con l’ungherese Ferenc Puskás una delle coppie offensive più temibili della storia del calcio. Capace di andare in gol in tutti i modi, complessivamente nel Real Madrid realizzò 307 reti in 396 partite, per un bottino di 8 campionati spagnoli, 5 Coppe dei Campioni, 1 Coppa Intercontinentale e tanti riconoscimenti a livello mondiale tra cui spiccano i due Palloni d’Oro (1957 e 1959).

Un centravanti un pò egoista che voleva sempre il pallone, capace di conquistarsi al limite della propria area e con un paio di triangolazioni era pronto a fiondarsi verso la porta avversaria esibendo doti uniche di velocità e di tecnica, di potenza e precisione, di classe ed eleganza.

Nel 1960 tutti i giornali spagnoli si occupano più di lui che di politica e la sua valutazione raggiunge cifre mai viste prima nonostante i suoi 34 anni. Di Stefano si considera ormai spagnolo e si è naturalizzato da tre anni. La Spagna ha saputo tenerselo, ha saputo amarlo. Il biondo che ormai perde i capelli cui tiene tanto, involontariamente ha inventato il calcio totale, il calcio che ha superato i ruoli. Nel 1964 si trasferisce all’Espanyol, dove continua a giocare fino al 1966 per chiudere poi la carriera all’età di 40 anni. Ha giocato inoltre per due nazionali: 6 gol in 6 partite nell’Argentina, 23 in 31 nella Spagna. 4 presenze non ufficiali pure nella Colombia. Un uomo tutto d’un pezzo, amante del lusso, non ha mai dimenticato da dove gli è arrivato e nella sua casa di Madrid ha fatto costruire un monumento dedicato alla palla. Sotto, una targa con scritto “Gracias, vieja”.

 

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Di Stefano con la moglie e i figli.

Author: Ferny Ligori

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