La crisi del calcio italiano

Il movimento calcistico italiano sembra da anni in un vortice di monotonia e ripetitività; i problemi, rispetto agli altri movimenti calcistici nazionali, soprattutto europei, sembrano lamentare una sempre maggiore gravità, visti i progressi altrui e l’immobilismo tipico italiano, buono solo a parole, teso a distogliere l’attenzione con quella sua verbosità che però nel concreto non si esplica in nulla di effettivo. Innanzitutto i problemi storici sono due: la carenza e l’obsolescenza delle strutture italiane, e lo scarso appeal del nostro calcio all’estero, reso tale proprio dai motivi succitati. Tutto ciò non fa che allontanare i tifosi e le famiglie dagli stadi, complice anche il progressivo aumento dei prezzi dei biglietti, altro fattore solo italiano.
Le pay tv poi, fanno da padrone, visto il loro apporto quasi al 50% nel totale degli introiti delle società di serie A. Tutto ciò, porta come conseguenza naturale il progressivo spopolamento di strutture, non solo calcistiche, e di materiale tecnico-umano, ossia i calciatori, i veri beniamini e al tempo stesso essenza di questo meraviglioso gioco, che sono sempre più attratti da stipendi esorbitanti ma anche ambienti più sani e divertenti del panorama del Bel Paese.

Il capo ultrà napoletano, detto Genny a Carogna, che si è reso protagonista durante la finale di Coppa Italia 2013/2014 tra Napoli e Fiorentina. Un episodio ormai noto a tutti gli appassionati di calcio (e non solo).

Il capo ultrà napoletano, detto Genny a Carogna, che si è reso protagonista durante la finale di Coppa Italia 2013/2014 tra Napoli e Fiorentina. Un episodio ormai noto a tutti gli appassionati di calcio (e non solo).

A tutto questo, si aggiunge in uno scenario già di per sé desolante, l’esacerbazione di fenomeni di violenza negli stadi, che negli ultimi anni hanno portato a due vittime innocenti, un tifoso, di quelli veri, e un agente di polizia, che era lì soltanto per svolgere il proprio lavoro. Questi fenomeni fungono da cassa di risonanza mediatica anche e purtroppo soprattutto all’estero, contribuendo a dare un’immagine del nostro movimento sempre più in declino; tutto ciò avviene poi in una congiuntura storico-economica che sicuramente a Paesi non esattamente floridi e ridenti come il nostro, nulla è più permesso, o almeno dovrebbe.
Dal canto loro, i dirigenti della federazione non sembrano ancora voler dare una spinta decisa verso il rinnovamento degli assetti societari, facendo sì che anche le minime novità introdotte per il prossimo futuro, come il numero minimo di giovani italiani da schierare in campo nell’undici titolare, rimangano vane o comunque non sufficienti per rilanciare uno sport che in Italia, è, e da sempre sarà (si spera) una delle maggiori industrie italiane… e che come tale dovrebbe iniziare davvero a dare un’immagine positiva e magari modello per altri paesi, che fino a un decennio fa ci vedevano come la stella polare, e adesso hanno messo la freccia, e di quella stella, non vedono più nemmeno la scia.

Author: Massimo Trisolini

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