Il maggiore che ingannò Hitler

Huelva, Spagna. Intorno alla 9:30 del 30 aprile 1943 un pescatore locale, mentre era intento al suo consueto mestiere, vide galleggiare un corpo in mare. Si trattava di un uomo in uniforme, ma deceduto già da qualche giorno. Il pescatore Josè Antonio Rey avvisò immediatamente le autorità locali, che in seguito avrebbero identificato il cadavere. Dai vari documenti che il militare portava addosso si poté constatare che si trattava di William Martin, un maggiore della Royal Marines nato a Cardiff, in Galles, il 29 marzo 1907. Oltre ai documenti di riconoscimento aveva con sé una lettera d’amore e una fotografia della sua fidanzata Pam, una lettera del suo adorato padre, John Glyndwyr Martin, una ricevuta della gioielleria S. J. Philipps Ltd comprovante l’acquisto di un anello di fidanzamento, oltre ad una lettera di sollecito della Lloyd Banks, che invitava il Martin a saldare uno scoperto di 79 sterline, 19 scellini e 2 penny. Ma c’era dell’altro legato attorno alla sua cintura. Era una cartella. Una cartella che custodiva al suo interno un paio di lettere dal contenuto esplosivo.

La carta d'identità del Maggiore William Martin.

La carta d’identità del Maggiore William Martin.

In queste missive, dove William Martin fungeva da tramite, la prima era indirizzata al generale Alexander da parte del vice capo di Stato Maggiore imperiale, Sir Archibald Nye, mentre la seconda invece era stata scritta dall’ammiraglio Lord Mountbatten e aveva suo destinatario l’ammiraglio Cunningham. Il tono delle lettere era molto confidenziale, e nonostante ciò citava alcune operazioni militari che si sarebbero dovute effettuate nei prossimi mesi nel Mar Mediterraneo. Nella prima missiva scritta dal Nye si faceva riferimento a due operazioni militari oltre a vari problemi di ordinaria amministrazione. Si trattava effettivamente dell’operazione Husky e dell’operazione Brimstone.

Gli obiettivi sembravano essere molto espliciti, ma non erano messi in risalto: la lettera del Nye diceva che l’operazione Husky si sarebbe svolta da lì a poco sulle coste greche, usando come diversivo la Sicilia. Mentre l’operazione Brimstone era riferita ad un punto non precisato del Mediterraneo, ma lasciava presupporre ad una offensiva simultanea. Nella seconda missiva inviata il Mountbatten spiegava il perché fossero affidate tali documentazioni al Maggiore Martin: quest’ultimo avrebbe dovuto recarsi nel Nord Africa, e in quanto era un esperto di guerra anfibia, aveva il compito aiutare il Cunningham a preparare un successivo assalto in quella che veniva definita la patria delle sardine. Ironizzando sul fatto che a Londra il prezioso pesce veniva razionato in quel difficile momento, era chiara l’allusione alla Sardegna.

Ewen Montagu, ufficiale di complemento della Royal Navy, insieme a Charles Cholmondeley.

Ewen Montagu, ufficiale di complemento della Royal Navy, insieme a Charles Cholmondeley.

Era tutto falso. Era tutta una messa in scena costruita ad hoc dall’agente segreto inglese Charles Cholmondeley, su un’idea di Ewen Montagu, ispirato da un racconto di un loro collega, il celebre scrittore Ian Lancaster Flaming. Il piano inglese, definito operazione Mincemeat, consisteva nel far giungere delle missive, logicamente false, ai servizi segreti tedeschi, allo scopo di depistarli. Il maggiore William Martin, che ancora tutt’oggi riposa nel cimitero di Huelva, seppellito l’1 maggio 1943 con tutti gli onori militari, in realtà non era mai esistito. O meglio, il cadavere in realtà apparteneva ad un senzatetto di origine gallese di 34 anni, malato di mente, Glyndwr Michael, e morto suicida il 24 aprile 1943 dopo aver ingerito un topicida. In quell’epoca era veramente difficile distinguere i due casi, e gli effetti collaterali di un avvelenamento come quello di un decesso per annegamento, davano gli stessi risultati: i polmoni e la cassa toracica del cadavere pronunciano un rigonfiamento.

Il cadavere del maggiore William Martin.

Il cadavere del maggiore William Martin.

La missione venne affidata al solo comandante Norman Limbury Auchinleck Jewell, che a bordo del suo sottomarino HMS Seraph, trainò la cella frigorifera dove era contenuto il cadavere del Michael, alias William Martin, fino al punto di destinazione. Tuttavia il congelatore venne mascherato come sonda meteorologica, e perciò fu semplice al comandante Jewell passare inosservato e liberarne il cadavere al punto prefissato. Ma rimane da chiedersi per quale motivo fu scelta proprio Huelva come punto strategico della missione. Oltre alla stessa posizione in cui è situata la cittadina spagnola, tra il Portogallo e lo Stretto di Gibilterra, tuttavia era una zona soggetta ad una forte pressione militare tedesca. Infatti proprio a Huelva vi operava una delle maggiori spie dell’Abwehr, l’agenzia di spionaggio nazista: si trattava di Adolf Clauss, che poteva contare su una fitta rete di informatori nella città grazie anche al padre viceconsole.

La cartella contenente le false missive venne spedita a Madrid, e dalla capitale spagnola fu inoltrata a Londra, apparentemente intonse, con i sigilli inviolati. In realtà scomparvero all’interno della cartella le ciglia poste come indizio per certificare che la busta fosse stata effettivamente aperta. Dunque l’operazione Mincemeat era riuscita. Perciò gli agenti inglesi inviarono un messaggio cifrato a Winston Churchill, impegnato in un viaggio oltreoceano. Si trattava di avvisarlo dell’esito positivo della missione: “mincemeat swallowed, rod, line and sinker” – “carne trita inghiottita con canna, lenza e piombo“.

Le copie dei documenti fatte dalla gendarmeria spagnola furono inoltrate all’agente Clauss, che reputandole autentiche informò i comandi superiori dell’Abwehr. Di conseguenza sette divisioni tedesche furono spostate in Grecia e altre due tra la Corsica e la Sardegna. Tutte provenivano dalla Sicilia e rimasero solo i reparti di Kesselring. Gli italiani contestarono fortemente la scelta di trasferire gran parte dei reparti dall’isola, ma senza alcun esito. Tra questi vi era il generale Alfredo Guzzoni, comandante della VIª armata d’istanza in Sicilia. Egli considerava la situazione difensiva dell’isola disastrosa: nessun sistema antisbarco nei punti vulnerabili, mentre i reparti si mostravano male equipaggiati, male addestrati e col morale basso. Dunque lo stesso Guzzoni avrebbe preferito concentrare gli esigui reparti nel sud-est dell’isola, ma Kesselring preferì dislocarli uniformemente su tutto il territorio.

La tomba del maggiore Martin (alias Glyndwr Martin) situata nel cimitero militare di Huelva.

La tomba del maggiore Martin (alias Glyndwr Martin) situata nel cimitero militare di Huelva.

Mentre l’operazione Mincemeat alimentava le convinzioni di Hitler, ovvero che lo sbarco alleato sarebbe avvenuto nei Balcani e non in Sicilia, l’11 giugno, dopo circa tre settimane di bombardamenti, gli Alleati si impadronirono dell’isola di Pantelleria. Ormai era troppo tardi per difendere adeguatamente la Sicilia, e le richieste dei vertici italiani rimaste inascoltate dalla spregiudicatezza tedesca, suonarono come un disperato appello nel discorso tenuto da Mussolini il 24 giugno 1943: “Bisogna che non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea che i marinai chiamano del “bagnasciuga”, la linea della sabbia dove l’acqua finisce e comincia la terra. Il discorso del bagnasciuga all’epoca fece molto scalpore, non tanto perché riuscì a incitare i soldati dell’Asse nel tentativo di opporre una strenua resistenza nei confronti degli alleati, ma in quanto il Duce d’Italia aveva utilizzato impropriamente il termine bagnasciuga confondendolo col termine battigia. Un errore lessicale che ancora oggi perdura nella lingua italiana.

L’operazione Husky venne attuata senza subire molte variazioni il 10 luglio 1943. E mentre si perdevano da lì a poco tutti i capisaldi della Sicilia, il premier britannico Winston Churchill, forse pronunciava quella frase che alcuni storici sembrano attribuirgli, riferendosi al suo antagonista tedesco: “Anyone but a bloody fool would know it was Sicily” – “Chiunque, tranne un maledetto idiota, avrebbe saputo che era la Sicilia”.

Author: Alessio Sacquegna

Share This Post On