L’Abbazia di Santa Maria di Cerrate

L’Abbazia di Santa Maria di Cerrate è un singolare complesso monastico che sorge sulla strada provinciale SP 100 Squinzano – Casalabate, a circa 14 km da Lecce. Nel corso della sua storia, oltre ad esser stato un importante centro religioso, era al contempo un polo produttivo totalmente immerso nel contesto rurale in cui è collocato. Essa è infatti contornata da una vasta area di uliveti, ma vanta anche la presenza di alberi da frutto e di aree coltivate. A dimostrazione di questa fervente attività, le ancora esistenti “Casa Monastica” e “Casa del massaro” offrono, nei loro piani sotterranei, i resti di due frantoi ipogei (detti “trappiti”) con i pozzi di raccolta dell’olio.
L’intera struttura, che ha quindi un altissimo valore storico e culturale, è attualmente gestita e tutelata dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), che dal 2012 si è preso l’incarico di ristrutturarla e di donarle un nuovo splendore.

Ma raccontiamo più nel dettaglio la sua storia e le sue caratteristiche architettoniche.

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Squinzano, Santa Maria di Cerrate – Foto di Daniele Perrone.

LEGGENDE

Alla suggestiva chiesa si affiancano alcune leggende – molto simili tra loro – relative soprattutto al nome e alle circostanze che ne determinarono la sua fondazione. Alcune di queste attribuiscono Tancredi d’Altavilla (conte di Lecce) come probabile fondatore dell’Abbazia, altre riconoscono questo merito a Boemondo I (principe di Taranto, colui che effettivamente la fece abitare dai monaci), altre ancora parlano di Accardo (anch’egli conte di Lecce). Tuttavia, le ipotesi avanzate dagli studiosi riconducono tutte all’arrivo dei Normanni in Puglia.

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Tancredi d’Altavilla e la cerva – Affresco del XIV-XV secolo.

La più conosciuta tra di esse è quella che attribuisce al re Tancredi d’Altavilla la sua fondazione. La leggenda vuole che Tancredi avesse visto apparire la Madonna tra le corna di una cerva. Le varie distorsioni si distinguono solo sul contesto in cui è avvenuta tale apparizione, c’è chi dice che sia avvenuta in sonno, altri sostengono che sia avvenuta durante una battuta di caccia. Tuttavia le conclusioni concordano tutte sulla successiva edificazione della chiesa.
Anche l’origine del nome Cerrate (o de Cerate, o de Caritate) sembra essere collegata alla leggenda in questione, tant’è che in alcuni antichi documenti è riportato proprio come Cervate. Tuttavia, il nome Cerrate potrebbe rappresentare anche un binomio perfetto tra la “cerva” e l’antico nome delle querce, che nel Medioevo venivano chiamate “cerri”. Originariamente, infatti, la zona vantava una fitta foresta di querce e veniva sfruttata proprio per praticare la caccia al cervo e al cinghiale.
Si fa comunque presente che, prima dell’edificazione dell’Abbazia, in tale luogo vi era già un casale chiamato appunto Cerrate e risalente al X secolo.

STORIA

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Boemondo d’Altavilla (o Boemondo d’Antiochia), principe di Taranto, fu un grande condottiero della Prima Crociata.

Dal punto di vista prettamente storico, le fonti testimoniano che la fondazione dell’Abbazia di Cerrate risale tra il XI secolo e il XII secolo, quando Boemondo d’Altavilla (1058 – 1111), figlio di Roberto “il Guiscardo”(primo normanno elevato al titolo di Duca di Puglia, Calabria e Sicilia), vi insediò un cenobio di monaci greci (XII secolo) approdati nel Salento per scampare alle lotte iconoclaste di Bisanzio (Vedi anche “Le Cripte Basiliane nel Salento”). Questi monaci, che hanno lasciato le loro tracce in ogni angolo del Salento, sono seguaci della regola di San Basilio Magno e sono meglio conosciuti come Monaci Basiliani.
Il luogo in questione, oltre a sorgere dove vi era già un casale,  era logisticamente strategico perché si affacciava ad un’importante strada romana conosciuta come Via Traiana ‘Calabra’, nei pressi di Valesio. La strada, che rappresentava il naturale prolungamento della Via Traiana e della Via Appia antica, garantiva al luogo un costante flusso di pellegrini, mercanti e viaggiatori che da Brindisi, si dirigevano a Lecce e ad Otranto, e viceversa (Vedi anche “La viabilità romano-messapica del Salento”).
Ma oltre alla Traiana Calabra, nei pressi del luogo di Cerrate (se non proprio lungo di esso) vi era anche un altro probabile attraversamento viario, ovvero quello conosciuto come Limitone dei Greci. Sorto presumibilmente come confine tra il territorio dei Longobardi e quello dei Bizantini (secc. VII – VIII), è stato individuato da molti congiungendo “per compassate” le varie chiese sorte come i funghi dal periodo alto-medievale al XII secolo e che si susseguono tra Oria e Otranto. Considerato che in un giorno di cammino potevano essere percorse circa 20 miglia romane, questi luoghi (posti a distanze più o meno regolari di massimo 10-15 km) rappresentavano delle soste di ristoro e di riparo molto importanti per i pastori e per i mercanti, oltre che per tutti quei pellegrini che nel corso dei secc. XII-XIII-XIV percorsero le cosiddette “vie francigene” verso la Terra Santa (Vedi anche “Il dilemma della Via Francigena nel Salento”). L’Abbazia di Cerrate, infatti, si colloca geograficamente tra due altre chiese sorte più o meno nello stesso periodo, la Madonna dell’Alto (sorta tra il XIII e il XIV secolo e distante da essa circa 7 miglia, ovvero 10,5 km) e Santa Maria d’Aurio (del XII secolo e distante da essa circa 5 miglia, ovvero 7,5 km).

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L’Abbazia di Cerrate nel contesto viario antico.

Forse proprio grazie a tutti questi fattori logistici, l’Abbazia venne in seguito ampliata fino a divenire uno dei più importanti centri monastici della Puglia e dell’Italia meridionale. Oltre a possedere molti fondi e giardini, l’Abbazia di Cerrate vantava attorno a sé un complesso di importanti strutture, come la grande abitazione dei monaci, il refettorio, una biblioteca sempre attiva, uno scriptorium, il forno, i frantoi ipogei e le stalle.

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Platea di Cerrate – Fortificazione del XV secolo.

Una seconda vita dell’Abbazia si ebbe successivamente, a partire dalla metà del XIII secolo, quando il clero latino cominciò a ristabilire la sua autorità nelle contrade salentine e, quindi, a sopraffare i monaci basiliani. In tale periodo, la liturgia e il culto dei Santi latini cominciò a prevalere, un po’ ovunque, su quello bizantino e l’Abbazia fu devoluta alla Santa Sede. Tuttavia, con la caduta dei Normanni, anche il casale e l’Abbazia videro una progressiva decadenza, che perdurò anche con le guerre civili succedutesi tra nei secoli XIV e XV in tutto il territorio.
A partire dal XV secolo, con l’aumentare del fenomeno piratesco e corsaro lungo le coste adriatiche salentine, si ebbe la necessità (come altrove) di proteggere le comunità locali che vivevano grazie ai ricchi possedimenti feudali. Perciò, nonostante l’Abbazia vivesse un periodo di crisi dal punto di vista ecclesiastico, l’insediamento di Cerrate si organizzò in “masseria fortificata” (la Platea di Cerrate). In questi anni quindi, Cerrate, assieme al feudo di S. Giovanni (o dell’Abatessa), alle comunità di S. Marco, d’Aurio, di S. Ligorio, etc. organizzarono una rete di insediamenti fortificati paralitoranei collegati dalla cosiddetta via del carro (o dello carro), un sistema viario che si sviluppò parallelamente alla via Calabra per garantire un ulteriore collegamento tra i vari feudi. 

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Mappa della Via del carro (tratta da un libro di Antonio Costantini).

Giunti ormai nel XVI secolo, dopo lunghi anni di abbandono, l’Abbazia fu donata da Papa Clemente VII all’Ospedale degli Incurabili di Napoli (1531). Il complesso monastico, che aveva ormai raggiunto una struttura già ricca e articolata, annoverava ora anche gli alloggi per i contadini, un mulino ed un pozzo barocco.

Vista aerea del sito - Rendering by IBAM ITlab.

Vista aerea del sito – Rendering by IBAM ITlab.

Seguì un altro periodo di decadenza, al quale si aggiunse anche un saccheggio da parte dei pirati turchi – 27 settembre 1711 – che fece precipitare l’intero complesso in uno stato di completo abbandono (Vedi anche “Storie di pirateria in Terra d’Otranto”).
Il degrado dell’Abbazia perdurò per tutto il XIX secolo fino a quando, nel 1965, fu acquistata dalla Provincia di Lecce. Nel 1975, la Provincia cominciò ad avviare degli importanti lavori di restauro, affidati all’arch. Franco Minissi, che permisero di restituire dignità alla chiesa ed al suo portico, nonché di allestire il Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari del Salento. Inoltre, grazie ad un bando pubblico promosso dalla Provincia di Lecce, nel 2012 il complesso è stato affidato al FAI in concessione trentennale con l’obiettivo di restaurarlo e di gestirlo, diventando oggi il primo Bene della Fondazione in Puglia.

CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE

La Chiesa di Santa Maria rappresenta un importante esempio di romanico pugliese, con facciata a capanna (o monocuspidata) e rosone centrale. Il portale è sormontato da un’arcata poggiante su due strette colonne (protipo) ed è decorata con altorilievi di eccezionale qualità che riproducono in sei riquadri delle scene del Nuovo Testamento. La sua copertura a doppia falda con capriate in legno “alla piemontese” è sorretta, nella zona centrale, da due file pilastrate orientate lungo l’asse principale e, nelle zone terminali, dalle pareti laterali.  Questo insieme strutturale definisce  nella chiesa la sua suddivisione in tre navate.
Sul lato sinistro della chiesa, al suo esterno, è addossato un porticato sostenuto da 24 colonne che in passato veniva usato come deambulatorio dai monaci. Edificato in epoca successiva alla chiesa, esso risale molto probabilmente al XIII secolo. Le colonne hanno piante cilindriche e ottagonali, mentre i loro capitelli raffigurano (con decorazioni diverse tra loro) elementi zoomorfi e mitologici, foglie e fiori intrecciati.
L’interno della chiesa offre la presenza, nell’abside della navata centrale, di un altare a baldacchino in pietra (del 1269). L’altare, che è dedicato a Santa Irene, è retto da quattro colonne ed è sormontato da un affresco illustrante l’Ascensione di Gesù al cielo.
Addossato al muro della navata destra vi è un altro altare (di stile barocco) che è stato costruito ne 1661 ed è dedicato a Santo Oronzo. A tale periodo, in cui l’Abbazia era di proprietà dell’Ospedale degli Incurabili, risalgono anche altre opere barocche implementate nel complesso, come un terzo altare (del 1642 e posizionato nella navata sinistra) ed un pozzo cinquecentesco presente ancora oggi in mezzo al piazzale laterale. L’altare della navata sinistra, del quale non vi è più traccia all’interno, era sormontato da un quadro raffigurante la Vergine di Cerrate con il bambino in braccio; quel poco che rimane di esso è conservato oggi nel Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari.

Rimanendo sempre all’interno della chiesa, una nota di merito spetta anche agli innumerevoli affreschi, presenti sia sulle pareti e nei sottarchi delle colonne. Le decorazioni sono tutte databili a partire dai secoli XII – XIII, ma in alcuni tratti vi è addirittura la sovrapposizione con altri affreschi di epoche successive (secoli XIV – XV). Emersi durante i restauri del 1975, lungo la parete destra vi erano degli affreschi risalenti probabilmente tra il XIV e il XV secolo, quali l’Annunciazione, San Giorgio e il drago, un cavaliere colto nell’atto di colpire una cerva; dalla loro rimozione e conservazione presso il Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari sono inoltre emersi, dagli strati sottostanti, gli affreschi antecedenti che sono ancora oggetto di studio (a causa del disordine con cui sono stati montati i blocchi in passato). Il lato sinistro, invece, era decorato da una raffigurazione del Transito della Vergine deposta sul letto di morte e sovrastata dagli angeli (ora rimosso ed esposto nel sopracitato Museo). Sotto di esso, gli affreschi antecedenti raffiguravano Santa Anna con la Madonnina in braccio e San Giochino, San Giorgio a cavallo affiancato (forse) da San Demetrio e da altre figure non ancora identificate.
Come anticipato anche prima, attorno alla chiesa si distribuiscono infine tutti gli edifici (di epoche diverse) che facevano del luogo un importante centro spirituale e produttivo al tempo stesso: la Casa Monastica, il pozzo cinquecentesco, l’edificio ottocentesco della Casa del massaro e un fabbricato risalente ai primi decenni del XVI secolo, con un’unica sala con volta a stella, presumibilmente impiegato come stalla.


FONTI:

Restituzioni tridimensionali tratte da IBAM ITlab
FAI – Fondo Ambiente Italiano | Abbazia di Cerrate
ALCEO Salentino – periodico di cultura enoica e territorio a cura dei Produttori Vini Manduria (dicembre 2013) | Santa Maria di Cerrate, primo bene FAI in Puglia (di Lucia D’Ippolito)
Angelo Campo, Strada principale e strade secondarie, il caso di Carosino presso La Croce – Cap. 4 Raccordi
Salento a colory | Lungo la storica Via del Carro

Author: Daniele Perrone

Dottore triennale in Ingegneria Civile. Appassionato di argomenti tecnico-scientifici, urbanistica, ambiente e politica pragmatica.

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