Abbazie e Cripte Basiliane nel Salento

Quella affrontata in questo articolo è una architettura semisconosciuta, che la si può scovare tra le campagne o addirittura lungo le coste del Salento, che mischia l’arte umana dell’iconografia religiosa alla scultura delle rocce plasmate dal carsismo naturale. Geologia e tecniche costruttive che si intrecciano per dar vita a dei luoghi di culto dal fascino unico, ovvero a delle cripte immerse nella natura. Questi anfratti furono realizzati ed utilizzati dai cosiddetti monaci Basiliani, che sfruttarono quelle insenature carsiche locali – utilizzate anche dalle antiche popolazioni preistoriche – per creare dei veri e propri luoghi di culto, decorati e rivitalizzati, oltre che delle ottime aree di rifugio.

Muro Leccese: Chiesa e Cripta di Santa Marina, affresco di San Basilio.

Muro Leccese: Chiesa e Cripta di Santa Marina, affresco di San Basilio.

Monaci Basiliani sono degli antichi monaci cristiani di origini egiziane, palestinesi, siriane e turche che appartengono ad un ordine fondato da San Basilio e ispirato alla sua dottrina. Questi monaci abitavano regioni desertiche del mediterraneo orientale, come la penisola del Sinai o l’altopiano roccioso della Cappadocia, e vivevano asceticamente in grotte o in anfratti naturali.
Spinti da necessità politico-religiose, diversi gruppi di questi monaci greco-bizantini si stabilirono nel Salento in tre ondate migratorie: la prima, nel VII secolo d.C., in seguito all’espansione musulmana che provocò la fuga dei monaci greci dall’Africa e dalla Siria; la seconda, nel VIII secolo d.C., a causa dalla lotta iconoclasta di Leone III Isaurico; infine l’ultima, tra il IX e il X secolo d.C., dovuta all’approdo dei musulmani in Sicilia.
Di queste, la più importante fu quella causata dall’imperatore bizantino di Costantinopoli Leone III Isaurico che, nel 726 d.C., emanò un editto con il quale ordinava la distruzione delle immagini sacre presenti in tutte le province dell’Impero. Nonostante la scomunica del Papa nei confronti di Leone III, questa lotta folle e feroce, chiamata lotta iconoclasta, perdurò anche con i suoi successori. I luoghi sacri vennero distrutti e i monaci cristiani vennero perseguitati e uccisi. Molti di loro, tuttavia, riuscirono a fuggire e trovarono rifugio in svariate aree del bacino mediterraneo.

Quelli che giunsero nella penisola salentina approdarono ad Otranto e successivamente si diffusero in tutta la Puglia, poiché trovarono in essa delle caratteristiche morfologiche e naturali – gravine, formazioni carsiche, terreno facilmente scavabile – molto simili a quelle che avevano dovuto lasciare. Qui ricominciarono da zero, trovarono accoglienza nei centri e nei villaggi rupestri della zona e continuarono a praticare la loro vita arcaica, con riti e preghiere, influenzando anche i costumi sociali e i rapporti umani con la gente locale. La diffusione di usi e costumi tipicamente Bizantini fu favorita, inoltre, dalla preesistenza di alcuni caratteri già trasmessi nelle popolazioni locali, perché colonizzate in precedenza dai greci o perché avevano già avuto uno scambio culturale con essi. Essendo molto colti, inoltre, i monaci si occuparono anche dell’istruzione di adulti e bambini, insegnarono nuove tecniche di pesca e di agricoltura, dissodarono i terreni e  resero fertili molte zone paludose. Tra l’altro furono loro ad incrementare la coltivazione dell’olivo nel Salento e ad importare varie colture come la quercia Vallonea, dalle cui grosse ghiande ricavavano anche una farina per il pane, il gelso, il carrubo e il pino d’Aleppo.

Villaggio rupestre di Macurano.

Villaggio rupestre di Macurano.

Intorno alla metà dell’800 terminarono le persecuzioni iconoclaste e i monaci poterono abbandonare i loro primi rifugi (come quello di Macurano, antico villaggio rupestre situato ai piedi della collina di Montesardo, fatto di grotte, sia naturali che scavate, e collegato all’antica via Sallentina). I monaci Basiliani, così, poterono iniziare a costruire chiese e monasteri che divennero in poco tempo importanti centri culturali e sociali per il Salento. Avviarono la costruzione di innumerevoli cripte religiose, di forma molto semplice, destinate alla celebrazione delle messe. Ad alcune di esse si accedeva dall’alto, tramite una buca (come nella cripta di Sant’Antonio Abate, in agro di Nardò), molte altre avevano invece un’entrata laterale. All’ingresso c’era la “simandra”, un pezzo di legno con diversi fori che, battuto, dava differenti suoni e regolava la vita liturgica dei monaci durante le loro attività.
Le cripte si possono inoltre distinguere in base al tipo d’insediamento umano per il quale furono utilizzate. Si distinguono infatti in celle romitorio d’uso anacoretico, in cripte isolate con o senza celletta (per l’eremita “guardiano”), in cripte isolate con attorno alcune grotte e in laure (che comprendono le cripte per comunità umane più numerose). Quest’ultime – le laure – sono un complesso di celle separate, radunate intorno ad una chiesetta o ad un piccolo oratorio comune recintato, costituite da grotte scavate nella selce o nel tufo o che sorgevano a fior di terra. All’ingresso delle laure basiliane c’era sempre un’immagine della Madonna, detta Vergine Portinaia, destinata a custodire i rifugi nei quali i monaci continuavano a praticare il loro culto. Le cellette erano delle piccole grotte anguste e basse senza ornamenti o con una croce incisa nella pietra. Ai lati si possono notare dei rozzi giacitoi dove i monaci, indossando abiti di lana, si riposavano.
Infine si devono citare quelle cripte, che si possono considerare delle vere e proprie chiese, che sorgono in comunità consistenti e ben organizzate, anch’esse chiamate dalla tradizione laure.
Le cripte hanno un’architettura molto semplice: la base ha una forma rettangolare con un’unica navata, un unico altare ed un unico abside. Esistono tuttavia anche delle cripte a tre navate, con un abside ciascuna, separate da pilastri.

Patù: cripta di Sant'Elia (o Centopietre).

Patù: cripta di Sant’Elia (o Centopietre).

Un’altra particolarità della cripta sono le pareti, in genere affrescate con delle tempere che ricoprono strati di fango e di roccia pura. La caratterizzazione più comune è quella dell’iconostasi, cioè una parete alta, con una sola porta e completamente affrescata che separa la parte sacra dal popolo. I dipinti sono stati classificati a seconda delle iscrizioni e della data, poiché questi ambienti cultuali spesso contengono dipinti di epoche diverse che si sovrappongono tra di loro rendendo così molto difficile datarle. Si tratta in genere di raffigurazioni di Dio, della Madonna, di Santi orientali e di importanti scene della vita evangelica. Il soffitto, invece, nella maggior parte dei casi è piatto, in altri casi è stato lavorato al punto da fargli assumere l’aspetto di una volta o di una cupola a forma lenticolare.

Erchie: cripta dell'Annunziata. L'arco dell'ingresso alla cripta, oggi perduto, è stato trafugato.

Erchie: cripta dell’Annunziata. L’arco dell’ingresso alla cripta, oggi perduto, è stato trafugato.

Queste lavorazioni si possono ammirare nella cripta dell’Annunziata ad Erchie (che è di tipo megalitico, scavata in una grotta naturale con una costruzione di pietra che protegge l’ingresso) e nella cripta di Sant’Elia di Patù (situata all’interno delle macerie di una Centopietre che molto probabilmente risale all’età messapica).
Ma non solo, altre testimonianze si possono ammirare in diverse località salentine, dove sono state edificate delle vere e proprie chiese risalenti alla fine della lotta iconoclasta, come a Muro Leccese (cripta di Santa Marina), a Santa Maria di Leuca (cripta di Santa Apollonia), a Tricase (cripta della Madonna del Gonfalone), a Miggiano (cripta di Santa Marina), a Supersano (cripta Coelimanna), a Poggiardo e a Vaste (cripta Santa Maria degli Angeli e Santissimi Stefani), a Veglie (cripta Madonna della Favana), a Carpignano Salentino (cripta di Santa Marina e Santa Cristina), ad Ugento (chiesa rupestre del Crocefisso) e in altre località come Casarano (Santa Maria della Croce di Casaranello), Giurdignano, Gallipoli, Ruffano, Ortelle, Otranto (Abbazia di San Nicola di Casole, chiesa bizantina di San Pietro, etc.) , Sanarica, San Cassiano, Specchia, Squinzano e dintorni (Chiesa di San Nicola, Convento di Sant’Elia, Abbazia Santa Maria di Cerrate), Surbo (Santa Maria d’Aurio), Giuliano di Lecce, Sannicola (Abbazia di San Mauro).

Tuttavia molte di esse versano ancora in condizioni pietose a causa dello scarso interesse mostrato da alcune istituzioni locali. Si citi, ad esempio, la cripta, ormai semi diroccata, della Madonna della Grottella, situata in agro di Nardò presso la Masseria Zanzara (vicino all’antico tracciato della via Sallentina in Arneo), che presenta ancora degli stupendi affreschi esposti purtroppo al pericoloso degrado delle stagioni e alle incurie del tempo; sotto di essa vi è una cavità carsica alla quale era possibile accedere tramite un passaggio posto sotto l’abside. Restando sempre a Nardò, non si dimentichi la cripta ipogea di Sant’Antonio Abate (nei pressi della Masseria Castelli Arene), in stato di totale incuria ed abbandono. Si ricordi anche la Madonna del Carmelo, un’antica cappella altrettanto diroccata situata sulla riva della Salina dei Monaci di Torre Colimena (Manduria), immersa in uno splendido habitat naturale minacciato dall’incombenza di uno scarico di fognatura. Come non ricordare inoltre la Madonna dell’Alto, situata sulla collina di Sant’Elia (vicino all’antico tracciato della via nota come “Limitone dei Greci“) in agro di Campi Salentina, con i suoi archi a sesto acuto sorretti da colonne con pulvini in stile bizantino, che nonostante i diversi restauri attende ancora una fruizione più ‘sacra’ e più degna della malavita che frequentava il luogo. E infine, come non citare la Chiesa di San Giovanni Battista (detta anche di Santa Filomena), nel pieno centro di Salice Salentino: edificata dai monaci bizantini intorno al 1001, è attualmente sorvegliata da un “gratificante” cassonetto della spazzatura e addobbata, al fianco destro, da “meravigliosi” manifesti elettorali, mentre l’interno marcisce dinanzi ad un paese che non apprezza la sua storia.

Chiaramente è quasi impossibile scovare e riportare tutte le cripte rupestri e le abbazie, sparse come il prezzemolo in tutto il Salento e in tutto il Sud Italia. Pertanto si cercherà di riprenderle, magari singolarmente, in futuro e con più dettagli.

Un eventuale recupero delle cripte passa necessariamente attraverso la puntuale conoscenza del sito e i rapporti con l’ambiente naturale intorno ad esso. I problemi salienti sono riconducibili all’essenza materiale delle cripte, costituite da calcarenite scavata e modellata, e quindi connessi al degrado, conservazione e protezione della pietra. Un’attenzione particolare è da rivolgere agli eventuali intonaci e decorazioni pittoriche: ogni intervento non può prescindere dalla revisione e/o predisposizione di sistemi di drenaggio e smaltimento delle acque meteoriche, che dovrà essere studiato con la massima cura, in quanto causa di umidità, di migrazione di sali e di alterazioni chimiche che provocano il degrado dell’apparato pittorico e decorativo presente. Un ulteriore e attenta ricerca dovrà essere finalizzata allo studio del sistema di illuminazione, in quanto, date le condizioni microclimatiche delle cripte, dovrà essere scongiurato l’innescarsi di processi foto sintetici, con la conseguente formazione di muschi e altra vegetazione, che arrecano dunque danni irreparabili alle superfici.


FONTI:

Comune di Campi Salentina | Madonna dell’Alto.
GAL Terra d’Arneo | Linee guida per il recupero dei siti e degli edifici di particolare interesse storico e culturale.
La Meta – Vacanze nel Salento | I Monaci Basiliani in fuga verso il Salento.
La voce di Manduria | La Cappella della Madonna del Carmelo (presso la Salina dei Monaci).
Massimo Negro (Blog di) | Nardò. La Madonna della Grottella tra distese sconfinate di ulivi.
Salento Viaggi | Architettura del Salento: i luoghi sacri delle Cripte Basiliane.

Author: Daniele Perrone

Dottore triennale in Ingegneria Civile. Appassionato di argomenti tecnico-scientifici, urbanistica, ambiente e politica pragmatica.

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