Lecce, le trasformazioni urbanistiche di Piazza S. Oronzo

di Daniele Perrone

Il centro storico di Lecce è oggi l’emblema di un ambiente urbano che ha visto sommare, nel corso dei secoli, le testimonianze stratigrafiche delle epoche e delle civiltà che si sono succedute. Le testimonianze cinquecentesche e seicentesche – di Guidone da Ravenna, del Galateo, del Ferrari, dello Scardino, del Marciano e delle cronache leccesi – tendono a descrivere lo spazio come un locus stratificato, dove è possibile, scavando, ripercorrere la storia della città e delle sue mitiche origini. Agli inizi del Cinquecento, Galateo scriveva di Lecce:

“Che questa città molto antica e molto estesa, lo dimostrano gli archi, i corridoi, le fondamenta di vetusti edifizi costruiti con grandi massi rozzamente squadrati […] Tutta la città si è sovrapposta sulle rovine di altra più antica ed è, in gran parte, pensile. La piazza e tutte le abitazioni ad essa contigue sono fondate sopra grandi archi e grandi volte”.

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Attuale Piazza S. Oronzo – Fonte: www.lecceeilsuobarocco.com

Ma più di ogni altro spazio pubblico del centro storico di Lecce, Piazza S. Oronzo resta il vero e proprio simbolo di tutte le trasformazioni urbanistiche che si sono susseguite nel corso degli anni. Essa, a partire dagli ultimi anni dell’800, cominciò a divenire il luogo fisico della riscoperta della città antica ma anche il teatro di profondi cambiamenti, talvolta anche drastici.

LA PIAZZA DAL ‘500 ALLA FINE DEL ‘700

Prima di allora, Piazza S. Oronzo si presentava  con un assetto dimensionale e spaziale composto come da due diverse figure planimetriche.
La prima era quella in corrispondenza della parte meridionale, dove la quinta edilizia, meglio nota come “Isola del Governatore”, si disponeva secondo una forma ellittica che avvolgeva esattamente la proiezione in superficie di un anfiteatro romano ancora sotterrato. Il catastale ottocentesco evidenziava chiaramente come l’intero sviluppo urbano e particellare a ridosso dell’antico anfiteatro sia stato condizionato proprio da quest’ultimo. Strutturalmente, infatti, i maschi murari degli edifici poggiavano proprio sui setti portanti dell’anfiteatro, che fungevano da vera e propria fondazione continua ordinaria. Il punto focale di questa zona ellittica era la fontana triangolare sormontata da una statua equestre di Carlo V (eretta nel 1678 su disegno dello Zimbalo). Nell’area meridionale vi era inoltre l’ancora presente Chiesa di Santa Maria delle Grazie (M. Coluzio, 1590-1602), il “supportico seu cancellata” per la vendita del pesce e la Regia Bagliva (ricostruita nel 1740).
La seconda area di Piazza Sant’Oronzo si sviluppava invece lungo la direttrice minore dell’asse dell’anfiteatro, in direzione nord. In questa area si apriva un altro largo con pianta trapezoidale irregolare – noto anche come Piazza dei Mercanti – delimitato da edifici occupati prevalentemente da una potente colonia di mercanti veneziani, provvista anche di un proprio consolato. Di conseguenza, le adiacenze dell’intera area settentrionale erano fortemente caratterizzate all’epoca da prospetti porticati che richiamavano questa forte presenza veneziana e mercantile. Vi erano quindi le botteghe e le residenze civili del cosiddetto “isolato delle Capande”, così chiamato per la forte presenza di portici (le cosiddette “capande”) che si alternavano tra gli edifici dell’intero isolato.
Nel punto di transizione tra la zona settentrionale e quella meridionale della piazza, vi era infine la Cappella di San Marco (attribuita a Gabriele Riccardi e ricostruita nel 1543 per offrire una sede alla confraternita dei cittadini della Serenissima) e il nuovo Sedile cinquecentesco (eretto tra il 1588 ed il 1592 per volontà del sindaco di origine veneziana Pietro Mocenigo), sede del Comune fino al 1851.

LA PIAZZA TRA LA FINE DEL ‘700 E GLI INIZI DEL ‘900

Alla fine del XVIII secolo, con la visita a Lecce di Ferdinando IV di Napoli si avviò anche quel pretesto per inaugurare un processo di ridisegno dello spazio pubblico, che sarebbe poi durato per oltre un secolo. Nel 1797, l’Università di Lecce decise di “rendere più vistosa la Pubblica Piazza” effettuando interventi di regolarizzazione volti ad ottenere un piazzale perfettamente rettangolare delimitato da un cordone di piastrini in pietra locale (i “pogginali”). In tale periodo, la statua equestre di Carlo V venne trasferita “dall’antica base, dove era fuor di sito, ad una delle nuove, poste a lato del parallelogrammo”, per far posto ad una mai realizzata statua di Ferdinando IV. Inizialmente si effettuarono interventi settoriali e su piccole porzioni di isolati, ma poi proseguirono con delle opere di demolizione di tutti quegli immobili fatiscenti o poco consoni al contesto urbano in cui erano collocati. Da come si legge nei documenti dell’epoca, sul lato orientale, presso l’edificio della Bagliva, vennero demolite “parecchie case nere e sdrucite, covo di pezzenti” e si regolarizzarono i lati adiacenti la chiesa di S. Maria delle Grazie, nonché il vico dei Focinari, demolendo “uno sconcio porticato” (all’epoca destinato al mercato del pesce).

Incisione di Piazza Sant'Oronzo del XIX secolo.

Incisione di Piazza Sant’Oronzo del XIX secolo, con la colonna votiva e i quattro compatroni alla base.

La pulizia urbana effettuata tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 nasceva con l’intento di raccordare i due distinti spazi della piazza, in modo da donargli un senso di continuità pressoché regolare.
Da alcuni documenti del 1803 si evince che, durante i lavori di consolidamento delle fondazioni di una “Botteca di Pasticciere rovinata […] dove al presente sta situata la campana che si uniscono i nostri Decurioni” situata in corrispondenza dell’angolo nord-orientale dell’Isola del Governatore, vennero individuate alcune arcate ed un corridoio. Si pensò fin da subito che i resti rinvenuti fossero relativi all’antica via Malenniana, ossia l’asse che si diceva collegasse Lecce con la vicina Rudiae. Da qui in poi, perciò, cominciò a crescere quell’interesse verso la riscoperta dell’anfiteatro e, più in generale, per la città antica che giaceva nel sottosuolo.
A tal riguardo si avviò una serie progressiva di interventi incentrati in quest’ottica, ma anche tanti altri volti ad eliminare ciò che di buono c’era. 
Fino a metà ‘800, ad esempio, la colonna votiva di Sant’Oronzo si presentava al centro della piazza (lato settentrionale) contornata alla base dalle statue degli altri compatroni di Lecce, ossia di S. Giusto, di S. Fortunato, di S. Petronilla e di S. Irene, ma questi ultimi furono eliminati in seguito per far spazio a quattro lampioni artistici.

Sigismondo Castomediano

Ritratto fotografico del duca Sigismondo Castomediano.

Negli ultimi anni del XIX secolo si ebbero ulteriori interventi di regolarizzazione ed ampliamento della piazza. Vennero demolite casa Sammarco (che sporgeva all’angolo tra la piazza e via degli Acaya, restringendone l’imbocco – 1896), casa Russo (rea di impedire un comodo collegamento con piazza delle Erbe – 1898) e le case Castriota, Comi, Crispino e Della Noce (tutte appartenenti all’isolato compreso fra il Sedile e l’Isola del Governatore).
Per quanto riguarda l’anfiteatro romano, risalente presumibilmente tra il I e il II secolo d.C., una svolta importante alle ricerche viene data quando, su iniziativa del duca Sigismondo Castromediano, il Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto deliberò nel 1868 l’istituzione di una “Commissione conservatrice dei monumenti storici e di belle arti” con lo scopo di promuovere ricerche archeologiche e scavi nella regione salentina, nonché di curare la conservazione del patrimonio monumentale. Nella tornata del 15 maggio 1870, il Castromediano propose alla Commissione di “scavare nei cunicoli che appaiono nella piazza di S. Oronzo […] o in altri punti della città” e incaricò a Cosimo De Giorgi la direzione delle operazioni archeologiche.

Ritratto fotografico del professore Cosimo De Giorgi.

Ritratto fotografico del professore Cosimo De Giorgi.

Dai documenti dell’epoca si perviene che, nel 1873, durante alcuni lavori alle fondazioni della casa Greco (situata all’angolo settentrionale dell’isolato tra il Palazzo del Governatore ed il Sedile), si notò come il prospetto parallelo al lato sud del Sedile “poggia su una muraglia di parallelepipedi ortogonali di pietra leccese, a secco”. Nell’ambito dello scavo di una cisterna si rinvennero inoltre alcuni elementi architettonici e venne individuato “un sotterraneo con quattro archivolti, nel quale da due lati pareva sbucassero due vie”. Bisognò tuttavia attendere la demolizione dell’intera Isola del Governatore e gli scavi per la costruzione del Palazzo della Banca d’Italia dei primi del ‘900 per portare finalmente alla luce le tracce fisiche dell’anfiteatro. L’Isola del Governatore, ricca di edifici eterogenei e di passate sedi istituzionali, si presentava in quel tempo assai degradata e fatiscente, pertanto fu più conveniente una sua demolizione piuttosto che un suo impegnativo recupero.
La prima indagine archeologica di ampio respiro condotta nel centro storico di Lecce fu uno scavo, a forma di “L”, che indagava un’area di 1300 mq e che venne successivamente musealizzato e recintato. Questa conformazione caratterizzerà la piazza per circa un ventennio. L’intera arena, però, costruita presumibilmente in età Augustea, occupava un’impronta ellittica di circa 102 m x 83 m e riusciva a contenere oltre 25.000 spettatori.

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Lato sud della piazza: Isola del Governatore e palazzo della Banca d’Italia con la musealizzazione a “L” dell’anfiteatro romano – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Le vicende degli scavi si contornarono tuttavia tra svariate reazioni, oscillanti tra l’indifferenza pura e gli incontrollati entusiasmi e/o fanatismi che incoraggiavano addirittura programmi estensivi di demolizioni, anche a scapito di monumenti pregevoli di epoche successive. Nel 1897 ad esempio si pensò di abbattere la cappella di San Marco per fare spazio al Sedile, ma il prof. De Giorgi, consapevole della sua storia quale simbolo della colonia veneta nell’ex Piazza dei Mercanti (attuale Piazza S. Oronzo), avviò una vera e propria crociata per salvare la piccola chiesa da una insensata demolizione. Non mancarono neppure le polemiche sugli scavi che d’ora in avanti avrebbero sconvolto – nel bene e nel male – l’intera piazza. Tra i più ferrei oppositori alle operazioni si ricorda Pietro Palumbo, contrastato invece da uno dei più grandi sostenitori del De Giorgi quale Filippo Bacile, Barone di Castiglione. Bacile, a sostegno del De Giorgi, scrisse una lettera (il 16 maggio 1909) con lo scopo appunto di incitarlo a perseverare nell’impresa nonostante le polemiche orbitanti attorno alla sua figura. Con lettera datata 10 luglio 1910, il De Giorgi ringraziò l’amico scrivendo:

“quando nell’anno 1903 vennero in luce i primi avanzi del nostro anfiteatro romano […] ed io ne sollecitai la conservazione al Ministro della P.I., Voi per primo, osservandoli, intuiste la grande importanza del monumento che stava nascosto sotto la Piazza S. Oronzo. Nelle grandi amarezze che allora provai, non tanto per gli insulti quotidiani di gente volgare e ignorante, o per le celie irriverenti ma innocue della stampa locale, quanto per le opposizioni che mi venivano dall’alto e per lo scetticismo delle persone più colte e più autorevoli della nostra città, Voi, Voi solo mi incoraggiaste […] Ed io ebbi fede nelle vostre parole e lottai e andai innanzi vincendo tutti gli ostacoli; ed oggi sono contento di aver dato a questa mia patria adottiva un monumento che nessun’altra città antica di Puglia oggi possiede”.

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Il Sedile e la cappella di San Marco tra fine ‘800 e inizi ‘900, con l’imbocco a destra dell’ormai inesistente via San Marco – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Fu tuttavia lo stesso De Giorgi a sostenere, per ovvie ragioni, la non necessità di una messa in luce integrale dell’anfiteatro e indirizzò gli interventi verso la musealizzazione del piccolo tratto scavato, affermando che:

“Frattanto converrà rassegnarsi a lasciar sotterra questo insigne monumento, per lo scoprimento del quale bisognerebbe smantellare la piazza S. Oronzo e buona parte delle abitazioni contermini; ciò che non è da noi desiderato. La nostra città si è più e più volte sovrapposta e sostituita all’antica; e questo forma un ostacolo insuperabile a qualsiasi lavoro di ripristino. Non ci resta quindi che raccogliere e ordinare i pochi documenti di fatto sparsi qua e là nell’interno di questa città, affinché non ne sia dispersa la memoria”.

Il Sedile con ancora l'orologio, in una foto di inizio Novecento. Fonte: www.viaggioadriatico.it

Il Sedile con ancora l’orologio e la statua equestre di Garibaldi, in una foto di inizio Novecento. – Fonte: www.viaggioadriatico.it

Sempre in quegli anni, sul lato settentrionale della piazza, ossia quello non interessato agli scavi, il prospetto dell’Isola dei Veneziani cominciava a cambiare aspetto. Vennero cancellati i segni più tangibili sia della presenza mercantile veneta che degli antichi apparati decorativi di facciata, rimossi a favore di prospetti anonimi e privi di rilevanti connotazioni architettoniche. I due lati di piazza S. Oronzo si stavano quindi trasformando sempre più.
In seguito all’Unità d’Italia, tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 – con un Sedile ormai adibito ad ospitare la statua di Garibaldi a cavallo – Piazza Sant’Oronzo si presentava ancora secondo un asse nord-sud perfettamente perpendicolare a quello attuale e vantava, inoltre, la presenza di una linea del tram. Questa tranvia, inaugurata il 25 giugno 1889 e soppressa nel 1933, collegava Lecce alla vicina località costiera di San Cataldo e Piazza S. Oronzo fungeva proprio da capolinea.

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Capolinea tramvia Lecce-S. Cataldo (1889 – 1933) – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

LA PIAZZA DAL PERIODO FASCISTA AI GIORNI NOSTRI

La svolta più drastica e incisiva si otterrà però in seguito, con l’avvento dell’epoca fascista, durante la quale si esaltavano i valori della romanitas di tutta l’Italia, compresa Lecce. L’anfiteatro, simbolo di Roma e del potere imperiale fra la vecchia e la “nuova” romanità vantata dall’ideologia fascista, diventò quindi il protagonista principale della piazza e della politica di allora. Sotto il Regime, Lecce si dotò del primo Piano Regolatore Generale (P.R.G.) – approvato con Regio Decreto n. 770 dell’8 marzo 1934 e convertito successivamente in Legge n. 1025/34 – che prevedeva tra l’altro dei drastici lavori di sistemazione della piazza con l’obiettivo di mettere in luce l’anfiteatro. Su indicazione del P.R.G., tra il 1935 ed il 1937, vennero redatti due Piani Particolareggiati – approvati con Regi Decreti – che disciplinavano l’ulteriore scoprimento dell’anfiteatro e la formazione di una nuova ed ampia piazza più a nord, centro monumentale della Lecce Fascista.

Lo sterramento dell’anfiteatro e la demolizione dell’isola delle Capande cominciò a partire dal 1935, con i contributi del Ministero dell’Educazione Nazionale, della Provincia e del Comune di Lecce.
Nel 1937 fu distribuito un opuscolo realizzato dal fotografo Cav. Carlino e rappresentante planimetricamente e assonometricamente il futuro volto della piazza. L’opuscolo aveva l’obiettivo di spiegare ai cittadini di Lecce come sarebbe cambiato il centro della città in seguito alla messa in luce di un quarto dell’anfiteatro e all’abbattimento dei quartieri prospicienti. Le foto inedite ci sono state gentilmente concesse da Filippo Montinari, gestore della pagina facebook Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

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Opuscolo illustrativo realizzato dal fotografo Cav. Carlino (1937) – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Lo scoprimento vero e proprio dell’anfiteatro, invece, iniziò ufficialmente il 7 marzo 1938. Vennero demolite diverse case appartenenti al lato occidentale della piazza (Castriota, Sellitto, Della Noce, Ghezzi, Bortone) per esser sostituite dal palazzo dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, che si affaccerà sull’anfiteatro seguendone l’andamento sulla stessa linea planimetrica del non più esistente vico Luigi Cepolla. Durante questo nuovo intervento si salveranno solo il Sedile e la cappella di San Marco, che fungeranno ormai da unici elementi confinanti tra le due vecchie piazze.
Durante le operazioni di demolizione e di scavo, i cantieri furono anche visitati dal gerarca salentino Achille Starace in compagnia di altri due illustri personaggi locali quali Nicola Leone De Castris di Salice Salentino e un giovanissimo Aldo Moro, all’epoca vincitore della visita dei “Littoriali”, ritratti in una foto inedita di Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Demolizione dell'Isola del Governatore - Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari

Demolizione dell’Isola del Governatore – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Demolizione dell'Isola del Governatore - Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari

Demolizione dell’Isola del Governatore – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Cantiere di demolizione delle case Castriota, Sellito, Della Noce, Ghezzi, Borbone e di costruzione del Palazzo I.N.A. - Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari

Cantiere di demolizione delle case Castriota, Sellito, Della Noce, Ghezzi, Borbone e di costruzione del Palazzo I.N.A. – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Il Palazzo I.N.A. durante i lavori di costruzione - Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari

Il Palazzo I.N.A. durante i lavori di costruzione – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

Achille starace e aldo moro, seconda metà anni '30

Achille Starace e Aldo Moro, seconda metà anni ’30 – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.

La nuova logica spaziale della piazza prevedeva anche l’arretramento del lato settentrionale della piazza con la costruzione di palazzi ex novo (come la Casa del Mercante, detta anche “Palazzo della Borsa”) e lo spostamento, oltre che la rotazione di 180°, della colonna votiva, in modo tale da rivolgere la statua di S. Oronzo verso il nuovo spazio. Il suddetto arretramento comportò la demolizione di un’intera isola comprendente i fabbricati Costa, Nuzzo, Paladini, Pagliarulo, Longorno e Sergio – anticamente delimitata dalla via San Marco che si sviluppava in direzione del Duomo e terminava proprio in prossimità della chiesetta di San Marco – creando quindi uno slargo all’imbocco del vico dei Fedele. L’assetto dell’invaso diventò pertanto come oggi lo conosciamo, ossia con un’ampia piazza al lato nord del Sedile, privo dell’isolato veneziano e delle Capande. Gli unici richiami ad essi, d’ora in poi, staranno nel prospetto razionalista del Palazzo INA (progettato dall’Arch. G. Moghin e dall’Ing. O. Pellegrino, 1934-41) e nel Palazzo della Borsa, che ricorderanno vagamente il carattere mercantile delle capande attraverso le loro gallerie porticate e le loro destinazioni ad uso commerciale. La torre dell’orologio del complesso INA, inoltre, richiamerà la vecchia torre dell’orologio che si trovava sul Sedile.

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Ortofoto, sovrapposizione dell’attuale Piazza S. Oronzo con la conformazione planimetrica antecedente il 1938.

Neanche allora mancò l’acceso dibattito sugli interventi. Sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 24 novembre 1943 si legge:

“Non saranno mai troppe le parole di biasimo contro quelli che – ignoranti delle tradizioni locali e delle più elementari nozioni storiche e mancanti assolutamente di buon gusto – distrussero con un atto di prepotenza inaudita, senza controllo, senza il conforto dell’opinione pubblica, l’antico centro cittadino e quelle vie di incomparabile originalità che a piazza S. Oronzo menavano, prima fra tutte via degli Orefici. […] Ma, ci domandiamo, qual è stata la ragione che ha spinto a sì infauste demolizioni? […] Era giustificata in qualche modo cotesta megalomania, almeno nel caso di Lecce? In nessun modo. I nostri vecchi storici – archeologi avevano veduto giusto dal primo momento, avevano cioè messo fuori gli archi dell’anfiteatro a testimonianza dell’antichità di Lecce”

Del resto, l’architettura complessiva della piazza diventò con questi interventi un miscuglio di costruzioni slegate tra loro che, a seconda del punto di osservazione, creano percezioni d’insieme estremamente disomogenee.
Dell’anfiteatro romano, come si può vedere anche ai giorni nostri, viene quindi scoperto un ampio quadrante. Nonostante la “furia demolitrice”, una gran parte dell’ellissi resta tuttora sepolta. Il motivo è semplice e sta nel fatto che il suo asse principale si sviluppa fin sotto la Chiesa di S. Maria delle Grazie, pertanto è stato più che lecito porre anche un’importante freno a tali interventi. Si parlerà nuovamente di riportare alla luce l’intero anfiteatro (nel 1960, con il P.R.G. di Calza Pini), ma resterà solo una proposta fortunatamente irrealizzata.
Del resto, le profonde trasformazioni urbanistiche di piazza S. Oronzo – talvolta anche violente e radicali – hanno implicato purtroppo la perdita di quei connotati di unicità caratterizzanti il tessuto storico circostante. Della presenza veneziana, a parte il Sedile e la cappella di S. Marco, oggi non vi è più alcuna traccia. Durante alcuni interventi è andata perduta anche una vasta area di necropoli relativa all’abitato messapico. Proprio per questi ed altri motivi, nell’ambito dell’intera piazza, la composizione planimetrica e architettonica che si è ottenuta ha svolto e continua a svolgere un ruolo considerato da alcuni emblematico quale elemento generatore dello spazio urbano della Lecce storica.
In seguito alla caduta del Regime, gli ultimi interventi risalgono tra gli anni ’50 e gli anni ’60 e riguardano principalmente la zona collocata a nord-est. Furono avviate operazioni di rettifica dell’angolo tra via dei Templari e via Trinchese (zona nota anche come “Arco dei Milanesi“), furono abbattuti gli edifici prospicienti e si realizzarono i palazzi della Banca Commerciale Italiana, dell’UPIM (su via dei Templari) e, infine, il palazzo progettato nel 1961 dall’Arch. Barletti (sull’angolo nord-est della piazza). Le ultime architetture inserite in Piazza S. Oronzo, realizzate con intelaiature in c.a., sono purtroppo il simbolo del cattivo gusto che si andava diffondendo negli anni vicini al “boom economico”, con una globalizzazione che cominciava ad imperare incontrastata dalle insegne luminose delle loro terrazze squadrate.

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Lato nord est di Piazza S. Oronzo prima e dopo l’edificazione dei palazzi degli anni ’50 e ’60 – Fonte: Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari.


Fonti

Città di Lecce, Assessorato Urbanistica – Piano del Colore e dell’Arredo urbano (PCA) del Centro Storico di interesse ambientale – Relazione Storica e Storico-Urbanistica Generale
Emeroteca Provincia di Brindisi – Rinascenza Salentina, Fascicoli Notizie
Foto tratte da “Lecce di Ieri-Città di Oggi by Filippo Montinari”
Fondazione Terra d’Otranto – Lecce, San Marco e la colonia veneta
AA.VV., Lecce e l’immagine della Città Fascista, le opere pubbliche del II decennio, Gabriele Rossi (a cura di), Aesei Editore, Martina Franca, 2014
Giornale Luce B1544 del 12/07/1939 – Archivio Storico Luce http://www.archivioluce.com
CorriereSalentino.it – Alla scoperta del Salento: l’anfiteatro romano (di Gionata Quarta)
Wikipedia – Tranvia Lecce-San Cataldo

Author: Daniele Perrone

Dottore triennale in Ingegneria Civile. Appassionato di argomenti tecnico-scientifici, urbanistica, ambiente e politica pragmatica.

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