Nome in codice: Symbol

Tra il 12 e il 24 gennaio 1943 all’Anfa Hotel di Casablanca si riunirono, in maniera del tutto eccezionale, le leadership delle forze alleate. Tra i presenti vi furono il premier britannico Winston Churchill, il presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosvelt e il comandante delle Forze Libere Francesi Charles de Gaulle. Gli obiettivi principali di quella che verrà ricordata come la conferenza di Casablanca, nome in codice Symbol, furono molteplici: dalle possibili soluzioni da porre alla situazione bellica nel Nord Africa , alla pianificazione di una linea politica univoca da osservare nei rapporti con l’altro Paese alleato, l’U.R.S.S. di Iosif Stalin, ma soprattutto nei riguardi degli avversari, le potenze dell’Asse. Tuttavia alcuni accordi presi a Casablanca non vennero condivisi con assoluta unanimità dai partecipanti, e spesso le divergenze furono superate mediante dei compromessi che rimandarono ad futuro non prestabilito diverse operazioni belliche.

Roosvelt e Churchill all'apertura della Conferenza di Casablanca.

Roosvelt e Churchill all’apertura della Conferenza di Casablanca.

Tuttavia l’incontro iniziò con i migliori auspici. Uno degli obiettivi principali che vennero individuati in maniera quasi automatica, fu la necessità di prestare maggiore attenzione alla Germania nazista. Si ebbe come conseguenza il rinvio dell’operazione Anakim che prevedeva l’occupazione di vari punti strategici in Estremo Oriente per costruire un collegamento di comunicazione con la Cina, importante alleata nella guerra contro l’Impero Giapponese.

Nonostante la campagna del nord Africa stava quasi giungendo al termine, consegnando la vittoria agli alleati, rimaneva un rilevante nodo da sciogliere che riguardava quale operazione bisognava attuare per procedere all’invasione dell’Europa assoggettata alle potenze dell’Asse. Perciò i Capi di Stato Maggiore congiunti formularono diverse operazioni belliche.

Le maggiori divergenze sull’invasione dell’Europa la ebbero gli americani – rappresentati dall’ammiraglio King, e i generali Marshall e Arnold – che nei loro piani preferivano colpire direttamente la Germania, svincolandosi da quella che definivano la diversione mediterranea, e gli inglesi – che erano rappresentati dal generale Brook, dall’ammiraglio Pound e dal maresciallo dell’aria Portal – che volevano dare una certa continuità alle operazioni condotte in Africa.

I Capi di Stato Maggiore britannici espressero chiaramente i loro timori nei confronti del piano americano che avrebbe potuto rivelarsi deleterio per l’esito finale del conflitto: quello americano, denominato col nome in codice operazione Round-up, prevedeva l’invasione delle coste francesi settentrionali, con l’obiettivo di aprire un secondo fronte in Europa che potesse garantire un sostegno indiretto agli alleati sovietici. Tuttavia i russi avevano iniziato da poco una controffensiva su Stalingrado, e i primi risultati dell’operazione Urano erano a dir poco stupefacenti. Forti di questi risultati gli inglesi riuscirono a rimandare il piano d’azione degli statunitensi al 1944, in seguito denominato operazione Overlord, e che vedrà come scenario del conflitto le coste della Normandia. Un altro fattore principale che convinse gli americani a rimandare la pianificazione di un attacco nel cuore dell’Europa settentrionale fu la battaglia dell’Atlantico, dall’esito ancora incerto, dove gli U-Boot dell’ammiraglio Dönitz facevano strage di navigli mercantili alleati, oltre alla preoccupante linea difensiva che, partendo dalle coste della Norvegia fino a quelle francesi, Adolf Hitler esaltava fieramente. Si trattava del Vallo Atlantico, e la situazione era ancora prematura per un’invasione dell’Europa settentrionale.

24 gennaio 1943. Roosvelt e Churchill durante la Conferenza di Casablanca.

24 gennaio 1943. Roosvelt e Churchill durante la Conferenza di Casablanca.

Gli inglesi invece erano convinti che era necessario dare una certa continuità alla campagna del nord Africa, aggredendo l’Europa proprio nel bacino mediterraneo, dove le forze alleate si erano consolidate. Inoltre la situazione nella penisola italica e nei Balcani era in fermento, iniziavano a costituirsi i primi organi politici della resistenza, mentre tra i ranghi fascisti italiani crescevano i dissidenti antimussoliniani e antitedeschi, tra di loro vi erano anche personaggi di spicco del regime. Il premier inglese Winston Churchill, a suo modo di dire, definì quella zona “the soft underbelly of the Axis” – “il ventre molle dell’Asse“.

Dunque l’obiettivo non era esclusivamente militare, ma soprattutto politico. L’operazione Husky prevedeva, una volta terminata la campagna del nord Africa, un imponente sbarco alleato in Sicilia, avamposto nell’area mediterranea dell’Italia fascista di Benito Mussolini. I leader alleati inoltre prestabilirono una linea univoca da adottare nei confronti dei Paesi dell’Asse: la guerra sarebbe finita solo con una vittoria totale, senza alcun patteggiamento, unico principio la resa incondizionata del nemico. Tuttavia questo accordo venne accettato a malincuore da Winston Churchill. Il leader britannico, proponendo un attacco sulle coste siciliane, mostrava un particolare interesse alla situazione politica italiana: non si trattava solamente di indebolire ulteriormente il già vacillante consenso politico che gli italiani, dopo due anni di guerra, nutrivano nei confronti del regime fascista e del Duce. Anzi, il suo unico intento era quello di riuscire a far entrare l’Italia nel circuito alleato, con o senza il fascismo, ma senza sottoporla alle severe sanzioni della resa incondizionata.

Author: Alessio Sacquegna

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