Recensione de “Il padrone della festa”

Il Padrone della Festa, la cover del nuovo album dei tre cantautori Silvestri, Gazzé e Fabi.

Il Padrone della Festa, la cover del nuovo album dei tre cantautori Silvestri, Gazzé e Fabi.

Andiamo oggi a recensire un album musicale, prodotto dell’amicizia ventennale di tre grandi cantautori italiani (e romani), illustri esponenti della generazione nata alla fine degli anni ’60. Parliamo del supergruppo creatosi nel 2014, composto da Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzé, allo scopo di comporre un album a sei mani, con la sensibilità che contraddistingue questi tre artisti.

Il titolo del disco, Il padrone della festa, allude al nostro pianeta, che pur bistrattato e trascurato da noi abitanti, è sempre colui che tutto regola e armonizza, come ci ricordano d’altronde i succitati all’interno del brano omonimo. Il disco è nato dopo un viaggio in Sudan dei tre, che ha contribuito a legarli ancor di più e ad accrescere la consapevolezza di voler intraprendere un progetto comune.

Tutto questo confluirà poi in un tour europeo, in ottobre, e un lungo tour italiano, in novembre, che toccherà nord, centro e sud Italia.

Passiamo ora all’analisi più approfondita delle tracce, dodici, che compiono questo lavoro; il primo brano “Alzo le mani“, è una sorta di inno alla beltà e all’unicità dei suoni prodotti dalla natura, che come enuncia lo stesso Fabi, sarà sempre impossibile da riprodurre per gli esseri umani, e per fortuna, aggiungiamo noi. Un brano molto delicato che rende bene il concetto dell’impotenza di fronte a ciò che la Terra ci ha reso, senza chiedere nulla in cambio. Il secondo brano, uscito anche come primo singolo, è “Life is sweet“, il cui testo vuole essere un monito a non procedere mai da soli nel tortuoso percorso della vita, e ad apprezzare ogni piccolo momento che quest’ultima ci offre; il pezzo è cantato da tutti e tre, ma spicca in particolare Silvestri nella parte finale. Il terzo brano, e secondo singolo uscito, è “L’amore non esiste“, probabilmente uno dei più belli del CD; è sostanzialmente un pezzo disilluso e speranzoso al tempo stesso, che vuole dimostrare come l’amore sia qualcosa di relativo e soggettivo, e che, per gli autori, pur non potendo essere catalogato in un concetto assoluto, è qualcosa che per i protagonisti esiste ed è tangibile (“l’amore non esiste, ma esistiamo io e te“).

Canzone di Anna“, il quarto brano, descrive la vita della citata Anna, ragazza solitaria e che non è mai riuscita a realizzare i suoi sogni, ma tuttavia non ha mai modo di esplodere e rendere vive le sue aspettative e i suoi sogni; un brano intenso e molto malinconico, nel tipico stile Gazzé/Fabi.

La quinta traccia, “Arsenico“, allude nel titolo al celebre veleno, che qui viene inteso come recrudescenza di una vendetta dell’amata al protagonista, un superbo Gazzé sia come stile che come interpretazione. il protagonista vuole che la donna si vendichi su di lui al fine di ottenere appagamento e quindi di non tormentarlo ancora, cosicché entrambi possano trovare la quiete perduta.

La numero sei, “Spigolo tondo“, tratta la tematica della relatività delle cose e di quanto il mondo possa essere vario, ma senza per questo dover escludere a priori qualcuno o qualcosa, ma anzi cercare di integrarlo e sentirlo fare parte di una comunità. Un brano più leggero, molto silvestriano, ma che non rinuncia a far riflettere.

Come mi pare“, il settimo pezzo del disco, è un inno all’indipendenza e alla voglia di tentare tutte le strade, per vivere al meglio e non precludersi nulla. Un brano molto ritmato e dinamico, in cui fa da padrone il timbro di Gazzé, qui in una vesta più sprintosa e sbarazzina.

Giovanni sulla Terra“, forse il brano di maggior tematica sociale del CD, ci parla di un padre di famiglia, operaio, dal reddito presumibilmente basso, che sacrifica la sua vita familiare e gli affetti pur di poter assicurare loro una vita dignitosa, rinunciando per questo purtroppo anche a vederli la sera, dovendo far tardi per il lavoro, come afferma un passo della canzone. Un pezzo pieno di speranza e di tristezza al tempo stesso, molto evocativo e toccante.

Il Dio delle piccole cose“, traccia nove, possiamo definirlo senza ombra di dubbio il brano maggiormente poetico, e la liricità permea ogni strofa del testo. Viene immaginata dagli autori una sorta di divinità delle piccole cose, che altro non sono i dettagli della vita, ma non per questo poco importanti,anzi, che nel corso della nostra esistenza non hanno avuto modo di concretizzarsi, pur essendoci la volontà da parte degli interessati (” Io spero che esista anche un Dio delle piccole cose/Che sappia i silenzi mai diventati parole /Che sappia i gradini di pietra e le estati scoscese /Quel nome che hai proprio li’ sulla lingua e non viene“). Che dire, un brano sublime.

L’avversario“, canzone scanzonata e leggera, è un motivetto allegro, che descrive una sorta di duello tra il nostro io…e l’altro nostro io; una situazione in cui tutti ci ritroviamo, quando siamo combattuti per qualcosa, o dobbiamo prendere una decisione, nel cui compendio annoveriamo lati positivi e negativi in entrambe le opzioni.

Zona Cesarini“, penultimo pezzo del disco, ci riporta alla quotidianità, alla vita di tutti i giorni, descrivendoci la vita di un presumibilmente italiano del ceto medio, che si trova a fare i conti con le spese di tutti i giorni, che alla fine il Nostro riesce a risolvere ma sempre, appunto, in zona Cesarini. L’amore per una ragazza poi rende il tutto più sopportabile, grazie anche al perdono di lei ad ogni mancanza quotidiana.

Il singolo che chiude l’album, infine, è lo stesso che dà il titolo allo stesso, ossia “Il padrone della festa“, il cui testo ha una grande impronta rosa, valorizzata dal timbro vocale di Niccolò Fabi; quest’ultimo ci manifesta la sua volontà di avere nei posti di potere solo delle donne, capaci secondo questi di riuscire ad essere molto più umane in tante decisioni, anche in virtù del loro essere mamme. Nella seconda parte, poi, abbiamo un monito al fatto di dover rispettare il posto che ci è stato dato in prestito per la nostra vita, perché in fin dei conti, “il sasso su cui poggia il nostro culo, è il padrone della festa“. Un brano profondo e intenso, che chiude in maniera fiduciosa questo lavoro cantautoriale.

Author: Massimo Trisolini

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