Salice Salentino: uno sguardo alternativo sulle origini

Salice Salentino è un piccolo paese situato in provincia di Lecce, ricadente nell’area nord-occidentale denominata Terra d’Arneo. Le sue origini sono accertate almeno al XI secolo d. C., in quanto risale a quell’epoca una cappella eretta in onore a San Giovanni Battista, oggi dedicata a Santa Filomena. La prima fonte documentaria in cui viene citato il paese è un Diploma redatto da Ruggiero il Normanno, datato 10 aprile 11021.

Puglia piana terra di Bari, terra di Otranto, Calabria et Basilicata / per Gerardum Mercatorem
Puglia piana terra di Bari, terra di Otranto, Calabria et Basilicata / per Gerardum Mercatorem
Source: gallica.bnf.fr

Tuttavia questa località risulta essere stata abitata già nel X secolo d. C., e sebbene non ci sia alcuna traccia storica ed archeologica comprovante tale ipotesi, qualche barlume di speranza pare essere offerta dalla toponomastica e da alcune evidenze di epoca romana giunte ai nostri giorni.
Nell’Alto Medioevo il feudo salicese doveva presentarsi come una vasta landa desolata, lasciata al proliferare della tipica macchia mediterranea, caratterizzata da circoscritte aree boschive alternate a zone acquitrinose. Esso ricadeva nell’agro oritano, ed era indicato col termine di foresta2. Con le piogge stagionali molti terreni aventi una natura semiarida, finivano per essere inondati, mentre le acque meteoriche, scivolando dalle alture, si depositavano e stagnavano in canali ed avvallamenti, favorendo la proliferazione di aree paludose e portatrici d’ogni pestilenza. Conseguenze, queste, di secoli di guerre e carestie; invece quelle poche aree poste a coltivazione e racchiuse in recinti, le clausure, dovevano essere beni preziosissimi per condurre una vita dedita alla sussistenza.
In un simile contesto nasceva il primo insediamento comunitario di Salice Salentino, composto da piccoli casolari – pressoché tuguri – sparsi in maniera assai disordinata, eretti per necessità con materiali di fortuna e strumenti rudimentali. Questo nucleo abitativo sorgeva nei pressi dell’odierna contrada Pozzonuovo, mentre le aree circostanti erano caratterizzate da alcune macchie boschive (poste a ponente) e, non poco distante, da diverse zone acquitrinose (molte di esse ricadevano tra oriente e settentrione). Tuttavia il terreno era ricco di sorgenti d’acqua potabile, ed in particolare contrada Fontana (dove oggi passa l’omonima arteria stradale cittadina) secondo Giuseppe Leopoldo Quarta – autore di un’opera avveniristica per il suo tempo, inerente la storia municipale di Salice Salentino –, il quale afferma che essa dovesse tale appellativo alla presenza di sette pozzi, situati uno appresso all’altro. Egli, a tal proposito, riporta un curioso aneddoto:

Una leggenda narra che l’acqua vi sgorgasse la prima volta pel cozzo che ivi ad un sasso diè un toro infuriato uscito dalla mandria e spaurito dall’abbaiar dei cani che seguivano a caccia Raimondello del Balzo Orsino.

Non sarebbe assurdo ipotizzare, dunque, che almeno il pozzo conventuale sia stato uno di quelli da cui, per tanti secoli, i salicesi attingevano l’acqua. Rispetto a questa contrada, poco più a nord passava la vecchia via campestre detta delli Grotti, la cui denominazione veniva associata alla lussureggiante vegetazione che imperava lungo il ciglio di questo sentiero: fitte siepi e slanciati pioppi si aggrovigliavano verso l’etere, creando così maestosi antri naturali e verdeggianti. Cioè, nu šciju!3
Proprio questo termine, nel dialetto salentino, assume un valore piuttosto specifico: esso indica il Populus (ovvero il pioppo), pianta molto diffusa in zona. Inoltre dalla traslitterazione del vocabolo dialettale in lingua italiana avrebbe origine la contrada Sciglio, posta a meridione della Masseria Arco, vicino Villa Baldassarri. Per Quarta il termine šciju avrebbe un’origine greca: ὕλη (bosco) e ὕληεις (boscoso). Risulta altrettanto singolare che tale espressione sia utilizzata in alcune località calabresi sebbene in queste non indichi il pioppo, bensì la quercia.

Stemma comunale di Salice Salentino.

Stemma comunale di Salice Salentino.

Proprio quest’ultima specie arborea, sostiene il Quarta, sostituisce il salice piangente nello stemma cittadino in un Diploma rilasciato dall’Università di Napoli nel 1603 all’Utroque Iure Doctor Giovanni Andrea Capocelli.
Questa fonte documentaria, menzionata dall’autore, pone sotto una riflessione critica sia l’origine dello stemma cittadino4 e sia l’associazione del nome al genere botanico delle salicacee. Infatti, il salix babylonica, comunemente noto come salice piangente e simbolo del paese, venne introdotto intorno al XVII secolo dall’Asia Minore. Allora viene proposta la tesi del professor Palumbo (ma non supportata dal Quarta), il quale ipotizzava che il nome del paese avesse origine dal salix viminalis: pianta presente in Salento, ma forse anch’essa introdotta in secoli recenti. Da ciò risulta veramente incerta l’origine del nome di Salice Salentino, e pare veramente difficile, o quanto meno incerto, che essa derivi da qualche salicaceae5. Perciò da questo presupposto sono avanzate ulteriori teorie, alcune delle quali vengono proposte dal Quarta:

E si fanno altre ipotesi ed or lo si fa derivare dalla qualità della abbondantissime acque sorgive ma salmastre, coll’indicazione dell’aggettivo latino salsus-salsi, ora dal leggendario re Sale chiamato anche Pilunno e figlio del primo Minos che dalla Grecia venne ad abitare in questa regione chiamata Sallenzia, che, d’altronde, ignorasi quale e dove trovavasi.

Per quanto concerne la dizione proposta dall’autore, salsus-salsi (in accezione di salare), pare che essa non abbia molta attinenza col luogo. Tuttavia, se tale aggettivo fosse riconducibile alla figura mitologica del messapico re Sale, si potrebbe riferire alle popolazioni indigene. Infatti, secondo una teoria suggerita da Mario Cosmai6, il toponimo Salento deriverebbe dal termine latino salum, inteso dunque come terra circondata dal mare, e che sallentini fossero chiamati dai romani quegli abitanti di zone prevalentemente salmastre e paludose. Oltre a ciò, l’ipotesi caldeggiata dal Quarta risulta avvalorata dal termine latino salis, che, attraverso una comparazione di toponomastica, potrebbe dare origine all’omonima località di Salice Terme, in provincia di Pavia; anticamente infatti questo comune veniva indicato col nome di locum salis, poi tramutato nel medioevo in Sales, e stava ad indicare la presenza di una fonte da cui sgorga acqua termale salsobromoiodica, che è tuttora viva ed attiva, e che originava delle efflorescenze saline rossastre sul terreno7. Sebbene tale ipotesi sia alquanto azzardata, risulta veramente singolare il nome Sales con cui era chiamato in antichità Salice Terme, se associata alla Salese, richiamante Salice Salentino, e riportata in una cartografia del 1589 di Gerardo Mercatore. Ma, qualora il paese fosse stato un luogo termale, si sarebbe almeno riscontrata qualche antica testimonianza documentaria.
Nonostante ciò, lo stesso Quarta pare propenso ad avvalorare l’ipotesi che il paese abbia origini elleniche, senza però stabilire con certezza la formazione del primo nucleo abitativo, attestandolo in modo molto generico al periodo della Magna Grecia oppure alla fase di dominazione bizantina:

“[…] Salice, la sua origine non può essere stata che greca. […] Può risalire in parte ad emigrati greci, i quali occuparono Oria e le sue campagne e distesero ancor prima dei Basiliani il loro dominio per gran parte della Messapia e della Japigia, edificando molte città quali ancora superstiti e quali distrutte e scomparse, e che si eran conservate indipendenti sotto la Repubblica Romana. E può risalire fors’anche agli stessi Greci venuti molto dopo in queste contrade sotto l’impero di Niceforo Foca al decimo secolo. […]”

La regio II Apulia et Calabria.

La regio II Apulia et Calabria.

Andando perciò a tracciare una sorta di genesi, assumono singolare importanza le fonti riguardanti la centuriazione di epoca romana del territorio salentino. La sua funzione, legata all’organizzazione dei vari appezzamenti di terreno, si basava sullo schema adottato per l’edificazione delle urbs e dei castra, seguendo un reticolo ortogonale marcato da reti viarie, canaletti per l’irrigazione e muretti a secco; questi lotti terrieri venivano divisi ed infine destinati ai coloni. Perciò la centuriatio aveva una funzione di demarcazione dei possedimenti terrieri, analoga all’odierno catasto, che, in merito alla specifica situazione salentina, è pervenuta a noi in due riprese tramite il Liber Coloniarum.
Riguardo alla prima redazione, risalente circa all’età augustea, Raffaele Ruta, autore del testo “La Puglia romana: un paesaggio pietrificato“, riporta la divisione della Calabria8 nei seguenti territoria Tarentinum, Lyppiense, Austranum e Varinum. Inoltre l’autore formula un interessante squarcio del territorio in epoca imperiale:

Il quadro che ne esce fuori è che la Puglia, almeno in età flavia (I d.C.), epoca a cui si riferisce il catasto del Liber Coloniarum, aveva la maggior parte del suo territorio divisa ed accatastata, che le campagne erano densamente popolate, soprattutto nel Salento, e che laddove era sviluppato l’allevamento del bestiame esso era regolato e armonizzato con l’agricoltura che costituiva l’attività principale. Questa non si limitava alla produzione di cereali, di legumi e di ortaggi, non era solo una agricoltura di sussistenza, ma si produceva in gran quantità grano, olio e vino nei trappeti annessi alle ville rustiche ed alle fattorie sparse nelle campagne, di cui permangono le rovine, oltre alle tracce conservate in numerosi toponimi.

La seconda redazione catastale del Liber Coloniarum, risalente all’età vespasiana, riporta invece un interessante cambiamento, in quanto alle quattro civitates di età augustea vengono aggiunte le seguenti:

Civitates autem hae sunt. Botontinus, Caelinus, Genusinus, Ignatinus, Lyppiensis, Metapontinus, Orianus, Rubustinus, Rodinus, Tarentinus, Varinus, Veretinus, Uritanus, Ydrontinus, ea lege et finione finiuntur qua supra diximus.
A parte è aggiunto il Brundisinus ager di cui è detto: Brondisinus ager pro aestimio ubertatis est divisus: cetera in saltibus sunt assignata, ecc.

Queste considerazioni riguardanti la centuriatio, oltre ad illustrare uno squarcio del sistema agrario salentino in età imperiale, possono essere supportate dalla toponomastica locale, che, comparata con quella italiana, e infine affiancata all’onomastica romana, potrebbero offrire ulteriori indizi sulla situazione sociale ed economica del territorio. Alcune indagini di campo, condotte da vari studiosi, mettono in luce una connessione tra la toponomastica di origine prediale con varie località salicesi e limitrofe, che dunque potevano essere state interessate da centuriazione. Nella relazione redatta da Ruta, il quale si affida alle carte topografiche dell’Istituto Geografico Militare, infatti si riscontra:

F. 203 II S.-E. «Guagnano». Sia scendendo da San Donaci, sia proveniendo da est, da Avetrana, in questa tavoletta il reticolo centuriale continua, ed è ben visibile nell’orientamento delle strade e dei viottoli, numerosissimi in quelle zone, che si tagliano ad angolo retto.
È da rilevare la presenza di diverse masserie che sono collocate nei tetrantes o lungo i limites, oltre al fatto che si riscontrano 4 toponimi prediali in -anus: Guagnano-Panzano-Farsano-Magliano, quasi attaccati l’uno all’altro in direzione N.-S. Al centro della tavoletta, tra Masseria Casaute e Masseria Nova, entrambe situate agli angoli di centurie, una grata formata da viottoli paralleli alla distanza di circa m. 225 potrebbero risultare divisioni interne di centurie (strigatio).

Invece il rapporto di Anna Marinelli s’incentra sulla toponomastica prediale riscontrata nelle località salentine. Di seguito è proposta una tabella che riporta in maniera sintetica gli elementi onomastici affiancati da documentazione epigrafica e comparazioni toponomastiche9:

FABIUS

Questo nomen è documentato a Brindisi, ed è stato associato, seppur con incertezza, alla Favana (Veglie).

GUANUS

Nomen noto da probabile ricostruzione di un’iscrizione brindisina, forse da mettersi in rapporto con il toponimo Guagnano.

MALIUS/MALLIUS

Nomen della gens detta anche Maleia, di origine plebea, spesso confusa con la Manilia e la Manlia. Nel Salento è incerta la sua documentazione. Questo nomen potrebbe essere alla base del toponimo Magliano (frazione di Carmiano), Magliana (contrada tra Salice Salentino e Veglie) e Monte Maliano (fra Avetrana e Manduria, 89 metri s.l.m.). In questi toponimi può concorrere Manlius.

PANSA

Cognomen di origine etrusca attestato nel Salento. È cognomen di un Pettius (nomen diffuso in Puglia ed in Italia centro-meridionale). È riconducibile al toponimo Panzana (contrada tra Salice Salentino e Guagnano) e Panzanella (contrada nei pressi di Manduria).

Mappa di Salice Salentino. Fonte: Google Maps.

Mappa di Salice Salentino. Fonte: Google Maps.

Dunque, da un confronto fra le relazioni di Ruta e di Marinelli, è interessante riscontrare che alcune località come Guagnano, Panzana e Magliana, fossero citate da entrambi gli autori come località di interesse, almeno per quanto concerne lo studio della toponomastica prediale. Analogamente interessanti risultano invece le restanti zone citate prima dal Ruta e poi dalla Marinelli: dunque la contrada Fàrsano potrebbe derivare dal termine latino farsus, mentre la Favana, sita nell’area settentrionale del feudo vegliese, deriverebbe da Fabius (questo appellativo è affiancato all’interessante cripta di epoca altomedioevale, detta appunto della Favana).
Un’ultima analisi di toponomastica prediale, sebbene debba essere suffragata, è riferita a contrada Fiano, situata in direzione nord-est rispetto a Salice Salentino10, poiché avrebbe diverse similitudini con molti altri luoghi presenti in Italia. Giovan Battista Pellegrini, autore di una completa raccolta riferita alla toponomastica italiana, riporta11:

fanum (manca in REW) ‘tempio’, ‘luogo sacro’ si perpetua ad esempio in Fano (Marche e Corsica), Fano (Poggio in Garfagnana LU) e in tanti altri nomi analoghi toscani Fano e Fani. Secondo Rohlfs (Gr. St., vol I, 520) da Fanulum, attraverso *flanum, avremmo Fiano (Torino) e Fiano (Roma) (continuatori provenzali in FEW 3, 412). Si noti anche Fanu (Rosarno RC) e Fiano (Pescaglia LU), Fianello (Montebuono RI) Fiano (PR) [meno probabile l’orgine prediale]. Si noti pure Fiano (San Lorenzo in Colpolina, Fiastra MC) e un ant. Fanulo (Fermo AP) che pare avvalorare l’ipotesi citata.

Questo toponimo è assai importante qualora avesse un origine prediale: infatti potrebbe suggerire delle ipotesi affascinanti, ma che rimarranno tali almeno fin quando non saranno soggette a studio più approfondito. Se anticamente poteva esistere qualche sacellum, indubbiamente oggi non ne rimane alcuna vestigia o rovina. Eppure, accantonando tale suggestiva supposizione, sia Fiano e sia Pozzonuovo erano terre di passaggio, poiché solcate da un’interessante via istmica.
Infine sarà necessario allargare il raggio d’azione ed inserirsi nel quadro salentino in maniera più organica. Ma questo lo potremo approfondire solo nel prossimo capitolo.


NOTE

1 Il documento è reperibile in formato digitale nel sito dell’Istituto degli Studi Atellani (vedi Documento 508). Cit. P. Coco, Santuario di San Pietro in Bevagna, Taranto, Tipografia Martinelli e Copeta, 1915, pagg. 184-192. Op. cit. in G. De Nisi, Salice Terrae Hidrunti, storia aneddotica dal X al XX secolo, Esse-gi-Esse, Ostia Lido di Roma, 1968, p. 1; e anche in G. L. Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della giovane Italia, Editore Panico, Galatina, 1989, p. 16.

2 Il termine foresta venne introdotto nel Mezzogiorno in epoca normanna, ed indicava quei terreni incolti che prima del XI secolo erano posti a sfruttamento dalle comunità rurali, e che in seguito divennero di riservato dominio. L’inserimento del modello feudale vide l’assegnazione di molte terre incolte a signori, i quali introdussero i forestarii, funzionari e militari abilitati alla vigilanza della foresta, ed un sistema tributario inerente allo sfruttamento della stessa (il legnatico, l’acquatico, il glandatico, la fida, e così via). Cit. A. Campo, Strada principale e strade secondarie, il caso di Carosino presso la Croce, Congedo Editore, Galatina, 2014, p. 135.

3 Šciju, o altrimenti detto šcijgghiu in altre località salentine; è un termine dialettale che tradotto in lingua italiana significa disordine, trambusto, oggetto lasciato fuori posto. Es: Inţra sta casa nc’è ssempre nnu saccu te šciji. Tradotto: In questa casa c’è sempre un gran disordine. Dal sito dialetto salentino. Fonte: Dialetto Salentino

4 L’attuale stemma di Salice Salentino viene così descritto nello statuto comunale, emanato con delibera n. 22 del 10 luglio 2003: “[…] lo stemma rappresenta un salice piangente impiantato, sul cui tronco si avvolge un serpente che forma la lettera esse, racchiuso in uno scudetto sormontato da una corona gemmata a cinque punte. Lo stesso, circoscritto dalla dicitura COMUNE DI SALICE SALENTINO, è il sigillo del Comune.” Fonte: Comune di Salice Salentino (Statuto).

5 “Si tramanda infatti che il luogo dove anticamente sorse il casale era circondato da una folta boscaglia e da macchie lussureggianti che si alternavano a vaste praterie. Questo lo si apprende da documenti molto antichi in cui, riferendosi appunto a Salice si parla di una zona “con acque fluenti sulla superficie del suolo, con rivi, fiumi da pesca, canali e gran paludi”.
Riguardo alla presenza delle paludi si ha un’ulteriore conferma in alcuni documenti che riportano intorno a Salice i toponimi ‘Palude’ e ‘Palude longa’. Avendo quindi considerato queste antiche fonti documentarie, si è supposto che Salice ebbe questa denominazione in quanto era circondata da una vasta zona boschiva ricca di acqua, nella quale crescevano in grande quantità i salici piangenti, piante, queste, che per svilupparsi rigogliose hanno bisogno di molta umidità. Ma tale supposizione sull’origine del toponimo è del tutto improbabile per il semplice motivo che il salice venne introdotto in Europa, dall’Asia Minore, soltanto verso la fine del XVII secolo: perciò quando al casale venne assegnato il nome non si aveva ancora alcuna conoscenza di questo albero, che dunque sembra estraneo alle sorti del paese”. Fonte: Comune di Salice Salentino (Stemma).

6 M. Cosmai, Antichi toponimi di Puglia e di Basilicata, Levante Editore, Bari, 1991. Op. Cit. in Wikipedia, cfr. Salento (in toponimo).

7 Wikipedia, cfr. Salice Terme.

8 Raffaele Ruta sostiene che per tutti gli scrittori dell’età augustea, compreso Plinio il Vecchio, dividevano in senso amministrativo la Regio II Apulia et Calabria: la Calabria comprendeva quella zona tra Leuca e l’Ofanto, mentre l’Apulia si estendeva dal fiume pugliese verso il Molise e l’Irpinia. Cit. R. Ruta, La Puglia romana: un paesaggio pietrificato, in AA. VV., Archivio Storico Pugliese, XXXIV, Grafica Bigiemme, Bari, 1981.

9 Cfr. A. Marinelli, Contributo alla storia della romanizzazione del Salento, in AA. VV., Ricerche e Studi VIII, Brindisi, 1975.

10 La contrada, posta a ridosso del paese, per il Quarta, poteva essere stata anticamente abitata: “Quali resti forse di essi in sul confine settentrionale di quella foresta e a diciannove chilometri ad occidente in linea retta dalle sepolte e scomparse Rudia (sita nell’agro e nei dintorni di San Pietro in Lama) e Lycien (la Lecce di oggi) verso Tarentum, sorgeano or quà or là pochi e dispersi casolari nella contrada campestre Fiano, sita poco dietro l’attuale cimitero verso levante o più in qua in via del Crocifisso, ormai scomparsa insieme ad una vecchia cappella di ugual nome e che confinava da oriente il giardino del castello, certo in via San Giovanni, ora Vittorio Emanuele, in via Mancini, ora villa De Castris, e via Passanti, in via Pozzo Nuovo e la scomparsa via Muline.” Cfr. G. L. Quarta, cit., p. 5.

11 Le abbr. poste: FEW = vedi W. von Wartburg; REW = vedi Meyer-Lübke. Cit. G. B. Pellegrini, Toponomastica italiana: 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1990, p. 157. 


BIBLIOGRAFIA 

Angelo Campo, Strada principale e strade secondarie, il caso di Carosino presso la Croce, Congedo Editore, Galatina, 2014;

Primaldo Coco, Santuario di San Pietro in Bevagna, Taranto, Tipografia Martinelli e Copeta, 1915;

Mario Cosmai, Antichi toponimi di Puglia e di Basilicata, Levante Editore, Bari, 1991;

Giovanni De Nisi, Salice Terrae Hidrunti, storia aneddotica dal X al XX secolo, Esse-gi-Esse, Ostia Lido di Roma, 1968;

Anna Marinelli, Contributo alla storia della romanizzazione del Salento, in AA. VV., Ricerche e Studi VIII, Brindisi, 1975;

Giovan Battista Pellegrini, Toponomastica italiana: 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1990

Raffaele Ruta, La Puglia romana: un paesaggio pietrificato, in AA. VV., Archivio Storico Pugliese, XXXIV, Grafica Bigiemme, Bari, 1981;

Giuseppe Leopoldo Quarta, Salice Salentino, dalle origini al trionfo della giovane Italia, Editore Panico, Galatina, 1989


Ringrazio per la collaborazione i miei carissimi amici Antonio Strafella e Massimo Trisolini.

Author: Alessio Sacquegna

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