Supernova Sn 1006: La stella clarissima

Anno del Signore 1006, notte tra il 30 Aprile e il 1 Maggio: L’oscurità del cielo viene turbata dall’apparizione di una luce splendente, luminosa come una falce di luna; brillò da allora per parecchi mesi, anche di giorno. Suscitò non poco sgomento in tutti i continenti, soprattutto nell’Europa cristiana, ancora alle prese con la paura dell’Anno Mille.

Non era però un segno apocalittico, si trattava invece di una supernova, l’esplosione di una stella morente. Secondo gli scienziati fu la più luminosa mai vista da occhio umano.

I monaci beneventani del monastero di Santa Sofia la documentarono dettagliatamente negli Annales BeneventaniSecondo i religiosi, la supernova apparve nella costellazione del Lupo, rimase visibile poi per molti mesi e si affievolì lentamente fino a scomparire dopo alcuni anni.

Fu però Alì Ibn Ridwan, medico, astrologo e astronomo egiziano, a lasciare la descrizione storica più completa: nel suo commentario al Tetrabiblos di Tolomeo scrive che l’oggetto fu circa 3 volte più grande del disco di Venere, e raggiunse circa un quarto della luminosità della Luna. L’osservatore musulmano notò come la luce fosse “bassa sull’orizzonte meridionale“.

Ali ibn Ridwan (Nikolaikirche Stralsund).jpg

Alì Ibn Ridwan

La fonte più a Nord risulta essere un manoscritto redatto nel monastero svizzero di San Gallo, che concorda in molti punti con la descrizione offerta da Alì Ibn Ridwan. Scrissero i monaci:

“In maniera sorprendente essa sembrava a volte contratta, alcune volte diffusa, alcune volte spenta; è stata vista nello stesso modo per 3 mesi nel più profondo limite del Sud, più di tutte le costellazioni che nel cielo appaiono”

In Asia invece, secondo Songshi, lo storico ufficiale della dinastia Song, la supernova apparve il 1 Maggio del 1006 a sud della costellazione Di, ad Est del Lupo. La dimensione dell’esplosione rassomigliava a metà della luna piena, e brillava così tanto da illuminare la notte.

Joe Barentine dell’ “Apache Point Observatory” del New Mexico e Gilbert A. Esquerdo, del “Planetary Science Institute di Tucson”, credono che gli indiani Hokoam dell’Arizona, abbiano registrato lo stesso evento su un petroglifico: per dimostrarlo hanno confrontato il disegno sulla roccia con una modello rappresentativo del cielo che il 1 Maggio appariva sull’Arizona. La posizione della supernova sembra combaciare.

Two astronomers think this piece of Hohokam rock art might have been inspired by a supernova - exploding star - visible from Earth 1,000 years ago.

Un petroglifico che molto probabilmente raffigura la supernova del 1006 dopo Cristo (il simbolo della stella al centro della pietra) e la costellazione dello Scorpione (il simbolo dello scorpione a sinistra). La roccia su cui si trova il petroglifico è situato nel Parco Regionale “White Tanks” in Arizona.

Sn1006: la riscoperta della supernova

Nel 1965 gli astronomi individuarono i resti della supernova, lontani 7000 anni luce. Secondo Frank Winkler, uno degli scopritori, la supernova aveva una magnitudine di -7.5, come una falce di luna nascente; ciò poteva significare che nelle notti della primavera del 1006 si potevano leggere manoscritti in piena notte, vista la luminosità del corpo celeste.

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SN 1006 Supernova Remnant Image Credit: NASA, ESA, Zolt Levay (STScI) Da http://apod.nasa.gov/apod/ap140712.html

Cos’è una supernova

La supernova è l’esplosione di una stella dovuta al collasso gravitazionale della materia che la componeva.

Quando una stella termina tutti i gas da bruciare, essa è “compressa” dalla forza gravitazionale. Questa compressione la porterà nuovamente a surriscaldarsi e ad accumulare energia, finché l’energia da liberare sarà talmente tanta che la stella letteralmente esploderà emettendo una fortissima luminosità e moltissimo materiale a velocità elevatissime.
La supernova però non è l’unico sistema con cui finisce il ciclo vitale di una stella.

I resti di queste “esplosioni” sono ancora oggi visibili, e formano le meravigliose nebulose che il mitico telescopio Hubble immortala continuamente.

Author: Giuseppe Scandone

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