Il terrorismo e le sue forme

All’analisi parziale offerta precedentemente, dove si possono cogliere le naturali differenze e similitudini che riguardano il fenomeno terroristico, quello perpetuato dal soggetto statale e da gruppi paramilitari e clandestini, sarà proposta in questa sede una definizione teorica – seppur molto labile – del terrorismo. Infatti, le due espressioni terroristiche argomentate in precedenza, se affiancate alle nuove teorie formulate dai cosiddetti complottisti (o teorici del complotto), potrebbero essere considerate come profili del terrorismo tipico. Evitando dunque di entrare approfonditamente nella descrizione del terrorismo atipico, se non solo in un’altra sede, tuttavia si potrebbe delinearne un abbozzo: perciò vengono definite come terrorismo atipico tutte quelle forme dedite ad influenzare l’opinione pubblica mediante la pressione psicologica, sia essa attuata tramite azioni coercitive o sia attraverso un utilizzo improprio del potere mediatico, i cui fini tendono quasi sempre a discostarsi da un obiettivo politico, elemento caratteristico del terrorismo tipico. In sostanza si vuole racchiudere nel suo interno tutte quelle forme eversive, vere o presunte tali, che trovano largo seguito tra i teorici del complotto. In tal caso rientrerebbero in questa categoria il terrorismo industriale, in esso inglobato il terrorismo ambientale, ma anche il terrorismo militare. In pratica si tratta di forme terroristiche che hanno non solo obiettivi politici, ma anche fini economici, e che si sono fortemente sviluppati col sopravvento della tecnica nella società contemporanea.

L'ex presidente cileno Salvador Allende ritratto nelle ultime ore della sua vita. Nel Golpe cileno dell'11 settembre 1973, rimane ampiamente discussa l'ipotesi, seppur controversa, di un ruolo decisivo svolto dagli Stati Uniti nella vicenda che porta al rovesciamento del governo Allende.

L’ex presidente cileno Salvador Allende ritratto nelle ultime ore della sua vita. Nel Golpe cileno dell’11 settembre 1973, rimane ampiamente discussa l’ipotesi, seppur controversa, di un ruolo decisivo svolto dagli Stati Uniti nella vicenda che porta al rovesciamento del governo Allende.

Dall’altra parte il terrorismo tipico, i cui obiettivi hanno quasi sempre valenze politiche, è un complesso agglomerato eterogeneo di situazioni lontane tra loro, sia in termini cronologici che ideologici, la cui natura varia sensibilmente. Tuttavia lo storico italiano Aldo Giannuli ha proposto un’interessante analisi preliminare, che vuole dare una schematica definizione al terrorismo.1 Qui di seguito riproporremo la sua analisi, in parte riformulata.
Il terrorismo di Stato (o guerra ai governati), come si è già potuto osservare in precedenza, è l’azione promossa da un soggetto statale contro un nemico interno. Tuttavia, se questa categoria dovrebbe comprendere tutte quelle forme di repressione applicate da apparati di natura statale nei confronti di un soggetto interno considerato nemico allo Stato, esso può essere assimilato chiaramente solo nelle circostanze in cui vi siano azioni coperte. Infatti, qualora lo Stato adotta con disinvoltura determinate forme di repressione nei confronti di un nemico interno, essa implica chiaramente che la sua attuazione, benché è pur sempre riprovevole e condannabile, è comunque giustificata dalla normativa e dalle disposizioni giuridiche di quel determinato Stato. Esso si potrebbe definire terrorismo scoperto di Stato, e i suoi esempi tipici sono i regimi totalitari, in cui l’azione repressiva è condotta da organi statali – la polizia segreta o appositi reparti militari – contro gli oppositori politici del regime, o contro minoranze culturali sgradite allo Stato (le cosiddette pulizie etniche).

L'orologio della stazione di Bologna è diventato il simbolo della Strage avvenuta il 2 agosto 1980. Simbolicamente, le lancette sono state bloccate all'ora in cui avvenne l'attentato.

L’orologio della stazione di Bologna è diventato il simbolo della Strage avvenuta il 2 agosto 1980. Simbolicamente, le lancette sono state bloccate all’ora in cui avvenne l’attentato.

Il terrorismo coperto di Stato invece può avere una sua pratica attuazione anche all’interno dei regimi democratici. In questo caso lo Stato si pone l’obiettivo di screditare gli avversari politici del governo al potere, o si prefigge come fine ultimo la centralizzazione dello stesso potere politico nelle mani del governo. In entrambi i casi si tenta di raggiungere tali obiettivi conducendo operazioni di false flag. Nella prima ipotesi lo Stato finanzia sotto copertura organizzazioni clandestine che, attraverso operazioni di spionaggio e di falsa propaganda, hanno l’obiettivo di screditare agli occhi dell’opinione pubblica l’avversario politico dello Stato. Questa dialettica si consuma ed è ancor più visibile nello scontro tra i partiti nazionali di un determinato Stato. Nella seconda ipotesi il soggetto statale adotta una strategia della tensione, incentivando la lotta politica clandestina tra due o più organizzazioni paramilitari, con lo scopo di indurre l’opinione pubblica a richiedere il ristabilimento dell’ordine. Infatti i cittadini, sentendosi minacciati dagli eventi eversivi che affligono il Paese, sono disposti a ridurre le proprie libertà in cambio di una maggiore sicurezza personale. In termini politici ciò determina un’accentramento del potere politico nell’esecutivo, affidando dunque allo Stato, e in particolar modo al governo, un potere forte.
La seconda definizione di terrorismo proposta da Giannuli è riconducibile al terrorismo di Stato. Tuttavia essa si configura in ambito internazionale e vede come protagonisti due o più Stati: si tratta insomma di una guerra coperta. In pratica un determinato Stato, spinto da interessi internazionali, si pone come obiettivo di influenzare la sfera politica o economica di un altro Stato. Anche in questi casi gli obiettivi vengono perseguiti mediante operazioni coperte. Esse vengono condotte dai servizi segreti e dagli altri organi di spionaggio del primo Stato contro il secondo, oppure si manifesta col sostegno politico e il finanziamento economico da parte dello Stato-sponsor delle organizzazioni paramilitari e clandestine già presenti all’interno dello Stato nemico.
Il terrorismo paramilitare e clandestino, di contro, presenta anch’esso uno spazio d’azione non dissimile a quella esercitata dallo Stato. Perciò si circoscrive sia in ambito nazionale, che in quello internazionale. La terza definizione di terrorismo può essere definita guerra asimmetrica interna. In questo caso, soggetti non statali hanno un carattere decisimente antisistema, poichè si prefiggono l’obiettivo di influenzare le decisioni politiche dello Stato o di sovvertire il potere politico esistente. La loro matrice eversiva viene incentivata ancor più dal fatto che necessitano di attrarre un gran numero d’individui per poter resistere ed ampliare il loro focolare d’insorgenza. Tuttavia, quest’ultima affermazione è molto astratta, poiché la varietà di questo fenomeno non consente una precisa definizione dell’humus in cui si sviluppano i gruppi terroristici paramilitari e clandestini.

Ucraina, Donetsk. Manifestazione Pro-Russia. Il territorio orientale ucraino è soggetto a forti azioni di guerriglia ad opera dei separatisti russi.

Ucraina, Donetsk. Manifestazione Pro-Russia. Il territorio orientale ucraino è soggetto a forti azioni di guerriglia ad opera dei separatisti russi.

Questo problema è tipico anche del terrorismo definito nella quarta categoria: ossia quello che promuove una guerra asimmetrica esterna (ovvero il terrorismo internazionale). In tal caso organizzazioni non statali operano a livello globale. La loro natura, seppur è sempre antisistema, si prefigge l’obiettivo di abbattere simboli e obiettivi, allo scopo di influenzare o annichilire un intero sistema politico, economico o addirittura religioso. Esempi di questa forma di terrorismo sono discussi ampiamente negli ultimi anni: se in passato essi erano rinconducibili alle azioni palestinesi contro obiettivi statunitensi, l’attentato alle Twin Towers ha aperto una lunga e dura polemica sul terrorismo internazionale condotto dai movimenti fondamentalisti islamici, a partire da Al Qaeda fino ad arrivare all’attualissimo Isis.
Tuttavia da queste definizioni di terrorismo si evince che le loro differenze in realtà sono molto meno nette di come vorrebbero apparire. Un esempio è offerto dalla situazione in cui all’interno di uno Stato viene a manifestarsi una guerra asimmetrica interna: in casi simili subentra quasi sempre l’interesse di un altro Stato, il quale mette finanziamenti ed armamenti a disposizione dei dissidenti (sia se essi vogliano acquisire il potere politico, sia se essi sono dei separatisti). Questa dialettica tra i movimenti paramilitari e clandestini e varie entità statali sono evidenti anche nel terrorismo internazionale: ad ogni modo, vere o presunte tali, ci sono moltissime teorie complottiste che trattano simili argomenti. Viceversa, anche il terrorismo di Stato può essere prodotto solo da una parte de mondo politico-istituzionale, mentre dalla parte opposta vi sono gruppi clandestini, che tramite la loro insorgenza, causano una sorta di ibridazione dello stesso terrorismo di Stato.


NOTE

1 Aldo Giannuli, La categoria del terrorismo: la sua pertinenza storica e l’uso adottato dai mezzi d’informazione, in Mirko Dondi (a cura di), I neri e i rossi. Terrorismo, violenza e informazione negli anni settanta, Edizioni Controluce, Nardò (LE), 2013, pagg. 66-67.

Author: Alessio Sacquegna

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