1528. Il Regno di Napoli fra Carlo V e Lega di Cognac

Non è trascorso neanche un anno dal maggio 1527 quando dodicimila Lanzichenecchi, rimasti senza paga e senza il comandante imperiale Georg von Frundsberg, compiono il terribile sacco di Roma. Il re dei francesi, Francesco di Valois, vede in questo tragico evento il casus belli per poter entrare in aperte ostilità con l’Imperatore asburgico Carlo V. Nell’agosto 1527 trentamila fanti e cinquemila cavalieri guidati dal generale d’oltralpe Odet de Foix, conte di Lautrec, discendono in Italia: occupano Genova, poi Alessandria, saccheggiano Pavia (4 ottobre) e infine prendono Bologna, dove sostano nei mesi invernali.

El Saco de Roma

Francisco Javier Amérigo y Aparici, El Saco de Roma (1887), Biblioteca Museu Víctor Balaguer, Vilanova i la Geltrú (Barcelona).

Siamo nel momento topico della guerra che vede contrapposti gli alleati imperiali e la Lega di Cognac: il 10 gennaio 1528 Odet de Foix decide di lasciare la città felsinea allo scopo di attaccare i possedimenti spagnoli in Italia, ossia il Regno di Napoli. Egli si affida alla tattica bellica che prevede un’accerchiamento concentrico della capitale partenopea, evitando quindi di scendere a Roma ancora soggiogata dai mercenari luterani.
Il 10 febbraio le truppe di Lautrec entrano a Fermo, primo avamposto partenopeo. In poco tempo occupano Chieti, Sulmona, Lanciano e Guasto. Dagli Abruzzi, col supporto della flotta veneziana, si dirigono nel foggiano dove altre città sono messe sotto assedio. Intanto i legni della Repubblica di Venezia continuano il loro itinerario adriatico: mettono il blocco navale su molte città costiere della Puglia al fine di farle tornare fedeli alla Serenissima, e alle quali erano appartenute prima di essere riscattata nel 1509 dal re Ferdinando il Cattolico. Invece l’esercito del Conte di Lautrec punta con decisione su Napoli, deviando verso la Basilicata e quindi su Melfi.
Arriviamo così a narrare la tristemente nota Pasqua di sangue, sulla quale è opportuno aprire una breve digressione.

Odet de Foix, Seigneur de Lautrec

Odet de Foix, Seigneur de Lautrec (o ‘nobile fregiato dell’Ordine di San Michele’), anonimo olandese di scuola francese (1483-1530 ca.), Bristol City Museum and Art Gallery.

Il centro lucano è posto sotto assedio dalle truppe francesi su consiglio di Pietro Navarro – condottiero spagnolo al servizio di Francesco Valois. Intanto fra i ranghi degli assedianti si congiungono le temibili Bande Nere del compianto capitano di ventura Giovanni de’ Medici, ora guidate da Orazio Baglioni.
Ai difensori viene concessa la resa  spontanea, ma Giovanni III Caracciolo, Principe di Melfi, fedelissimo dell’imperatore, rifiuta ogni forma di contrattazione. Ha così inizio l’assedio, il 22 marzo 1528. La resistenza melfitana seppur solida è di breve durata, poiché le artiglierie francesi mietono molte vittime e scatenano numerosi incendi lungo le mura. Respinto un primo assalto alle mura, gli invasori riescono a far valere le proprie ragioni ingaggiando una cruenta battaglia nelle vie del centro abitato. Considerate che le cronache parlano addirittura di militi delle Bande Nere caduti sotto il tiro di artiglieria del fuoco amico.
Le milizie imperiali superstiti, strette attorno al loro Principe, si ritirano all’interno del castello, ultimo baluardo difensivo posto sotto assedio. Il Principe Giovanni, ormai resosi conto dell’inutilità della resistenza, chiede la contrattazione di una resa per aver salva la vita. A questo punto, com’era previsto dalle convenzioni di guerra dell’epoca, la città di Melfi viene saccheggiata dagli invasori. Un cronista veneziano, Martin Sanudo, racconta nei suoi diari che i francesi terminarono l’assedio “ammazzando tutti che trovorono, fanti, homeni et done, fin i putti et fatti predoni et sachizzato la terra“.
Dopo i truci avvenimenti di Pasqua, l’esercito alleato si presenta sotto le mura partenopee, supportato via mare da otto galee e due navi da guerra genovesi e altri legni veneziani, guidati da Filippino Doria (nipote del noto Andrea Doria). Tuttavia Napoli rifiuta ogni forma di contrattazione per la resa e viene posta sotto assedio.
Il 28 aprile il Viceré di Napoli, Ugo di Moncada, prova a rompere il blocco navale nel golfo amalfitano: esce dal porto con sei galee, due fuste ed altri battelli e fregate con a bordo circa 1000 soldati spagnoli. La battaglia di Capo d’Orso è cruenta, ma alla fine prevalgono le forze genovesi sebbene inferiori di numero. Il governatore partenopeo muore in battaglia colpito da due archibugiate e il suo corpo gettato in mare. Durante la contesa è fatto anche prigioniero Alfonso III d’Avalos, detto il Marchese del Guasto. Intanto Filimberto di Chalons viene nominato dall’Imperatore Carlo V nuovo Viceré di Napoli.

Tavola Strozzi

Tavola Strozzi, veduta della città di Napoli dal mare (la flotta di Alfonso V d’Aragona rientra dalla vittoriosa battaglia navale su Giovanni d’Angiò), artista anonimo, 1470. Museo di San Martino, Napoli.

Adesso se vogliamo pensarla come un uomo cinquecentesco, ad esempio Niccolò Machiavelli, la fortuna non è il fato che regola i destini degli uomini ma è la forza di tutto ciò che sfugge al suo dominio. Quindi la dea bendata non sempre è benevola ma talvolta si rivela nefasta. Ed è così che, proprio quando agli alleati sembra arridere la fortuna, gli eventi bellici mutano tragicamente. Il 22 maggio il capitano Orazio Baglioni delle Bande Nere, sorpreso in un’imboscata, viene ucciso a colpi di picca da un manipolo di Lanzichenecchi nei pressi del fiume Sebeto. Intanto la Repubblica di Genova si accorda con Carlo V per la pace, rilasciando il sopracitato Marchese del Guasto in cambio della soggezione di Savona. Ciò influisce sull’assedio di Napoli a favore dei difensori, che vedono la flotta genovese di Filippino Doria togliere il blocco navale dal porto partenopeo.
Persa la possibilità di logorare la città su ogni fronte, il Conte di Lautrec decide di tagliare i rifornimenti idrici alla città facendo distruggere l’Acquedotto della Bolla. Questa apparente brillante idea si dimostrerà in realtà controproducente: infatti le acque potabili si riversano nei terreni vicini, significativamente chiamati dai napoletani “le paludi“. Queste, in concomitanza con la calura estiva, hanno così generato una violenta pestilenza che si è così abbattuta sull’esercito invasore. Lo stesso Odet de Foix ne è vittima, morendo il 15 agosto; anche il suo successore, Luigi di Lorena, morirà qualche giorno dopo, il 23 dello stesso mese. La situazione è ormai irreversibile: gli alleati sono decimati dalla pestilenza, dalla carestia e dai nemici. Adesso, guidati da Michele Antonio di Saluzzo, tolgono l’assedio per ripiegare ad Aversa, ma sono intercettati dalle truppe imperiali e vengono mandati in rotta. In questa circostanza vengono catturati anche Carlo di Navarra e Pietro Navarro (quest’ultimo, a causa del suo tradimento, viene imprigionato in Castel Nuovo dove viene ucciso pochi giorni dopo, strangolato o impiccato).
Dopo aver osservato i fatti che sconvolsero il Regno di Napoli durante la quinta delle Guerre d’Italia, la nostra narrazione termina con un rimando al prossimo articolo. Quindi andremo alla scoperta di una guerresca Terra d’Otranto, contesa fra le forze imperiali del Viceré e le truppe alleate del Conte di Lautrec.

Author: Alessio Sacquegna

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