Il rapporto tra il terrorismo e lo Stato

La pratica terroristica condotta dalle organizzazioni paramilitari e clandestine, nonostante l’indefinibile classificazione dei fenomeni che costituiscono un’eterogeneo e complesso agglomerato, può valersi tuttavia di alcuni elementi distintivi che in larga scala possono essere condivisibili: il carattere intimidatorio dell’azione terrortistica, una scoperta operazione di propaganda e la carenza di legittimità dello stesso fenomeno. Ad ogni modo quest’ultimo elemento risulta essere il più controverso. Questa incertezza è causata dalla difficile distinzione tra il terrorista, il resistente e il guerrigliero. In primo luogo la legittimità dell’azione eversiva può essere giustificata dalla lotta ad un sistema politico dispotico, che esercita il proprio potere coercitivo, violando i diritti fondamentali dell’individuo e dei suoi stessi cittadini. Invece, in seconda analisi, se vengono consultate le definizioni poste alla pratica terroristica da determinati enti governativi, risulta esautorarsi nei confronti di altre modalità coercitive e altrettanto illegittime. La definizione data al terrorismo dal Central Intelligence Agency (conosciuta con l’acronomio C.I.A.), cioè l’agenzia di spionaggio per l’estero degli Stati Uniti d’America, è la seguente:

Il termine terrorismo significa violenza premeditata, motivata politicamente, perpetrata contro non combattenti da parte di gruppi sub-nazionali o clandestini, normalmente intesa a influenzare il pubblico.

Un’altra definizione del terrorismo è contenuta nel Federal Criminal Code degli stessi Stati Uniti d’America. Nella sezione 2331 del capitolo 113b, il terrorismo è definito come:

[…] attività che coinvolgono violenza […] <o atti che minacciano la vita> […] che sono una violazione delle leggi degli Stati Uniti sul crimine o di qualunque Stato e […] vengono intese per (I) intimidire o forzare una popolazione civile; (II) per influenzare la politica di un governo tramite l’intimidazione o la coercizione; (III) o per modificare la condotta politica di un governo tramite la distruzione di massa, l’assassinio o il rapimento; e […] <se nazionale> […] (C) avviene principalmente all’interno della giurisdizione territoriale degli Stati Uniti […] <se internazionale> […] (C) avviene principalmente al di fuori della giurisdizione territoriale degli Stati Uniti […]”

Queste definizioni sono pienamente condivisibili qualora si ha come obiettivo di porre una risposta razionale al problema del terrorismo paramilitare e clandestino. Tuttavia risultano inefficaci nella demarcazione di un’altro aspetto fondamentale che caratterizza il fenomeno terroristico: il terrorismo di Stato.
Analizzando le definizioni poste nei due testi si evince chiaramente che il problema della pratica terroristica è incentrata sulla lotta contro i gruppi paramilitari e clandestini, e che sono condannabili tali azioni eversive che vengono attuate all’interno della giurisdizione territoriale degli Stati Uniti. Nonostante ciò quest’ultima affermazione risulta essere molto generica: non solo perché non riesce a delimitare il fenomeno terroristico dalle altre forme di dissidenza politica esasperata, ma soprattutto non pone alcun riferimento qualora sia lo stesso apparato burocratico ed istituzionale a causare le azioni terroristiche. Perciò appare ad ogni modo giustificabile la legittimità del fenomeno terroristico attuato dallo Stato nei confronti dei propri cittadini. Tuttavia tale mancanza di definizione non è riscontrabile nei codici statunitensi, ma riguarda anche molti altri Paesi.
Teoricamente il terrorismo di Stato si sviluppa sugli stessi elementi costitutivi che limitano l’eterogenea struttura dei terroristi paramilitari e clandestini. Il suo carattere intimidatorio ha come obiettivo una chiara azione politica, allo scopo di consolidare il potere esecutivo, influenzando l’opinione pubblica mediante tali azioni eversive, che, sentendosi minacciata, è disposta a sacrificare le proprie libertà in cambio della sicurezza e dell’ordine. Tuttavia queste operazioni si fondano su un’eccesso della legittimità politica, perciò è un chiaro abuso dell’esercizio di potere. Inoltre l’azione politica del terrorismo di Stato, a differenza di quello paramilitare e clandestino, non può essere scoperta, ma ha bisogno di sotterfugi per il suo compimento.
Il magistrato italiano Vincenzo Occorsio, ucciso a Roma il 10 luglio 1976 da un membro del movimento politico di estrema destra, Ordine Nuovo, all’epoca dei fatti partecipava al processo per la Strage di Piazza Fontana, e ancor prima si era occupato del golpe Borghese, prima della sua scomparsa aveva dichiarato all’amico e collega Ferdinando Imposimato:1

Sono certo che dietro i sequesti ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione: seminare il terrore tra gli italiani per spingerli a chidere un governo forte, capace di ristabilire l’ordine.

"La Liberté guidant le peuple", Eugène Delacroix, olio su tela, 260 x 325 cm, conservato al Museo Louvre di Parigi.

“La Liberté guidant le peuple”, Eugène Delacroix, olio su tela, 260 x 325 cm, conservato al Museo Louvre di Parigi.

La prima definizione storiografica del terrorismo fonda le sue radici proprio nel terrorismo convenzionato da uno Stato. Esso venne affibiato dai giornali inglesi alla fine del XVIII secolo per indicare l’attuazione del Regime di terrore che si andava a formalizzare nel Paese transalpino all’indomani della Rivoluzione francese. La sua applicazione venne perpetuata dal nuovo Tribunale rivoluzionario – istituito dalla Convenzione Nazionale del 10 marzo 1793 – e che venne affiancato al Comitato di Pubblica Sicurezza, allo scopo di contrastare le minacce esterne ed interne alla Repubblica rivoluzionaria.
La rivoluzione francese è un simbolo indiscusso dei mutamenti politici, culturali e sociali che hanno sconvolto il Vecchio Continente nei secoli successivi. La Francia settecentesca era composta da tre classi sociali: la nobilità e il clero, che godevano di determinati privilegi, e il terzo Stato, sulla quale gravavano le imposte, come il ventesimo e la capitazione, che tuttavia non risolvevano il problema del crescente debito pubblico. Lo scontento popolare e le contestazioni per queste imposte vennero duramente represse nel sangue, diventarono ben presto sommosse e focolai di guerriglia, infiammando le città e le campagne, e puntando all’abbattimento dei simboli del potere dell’Ancien Régime. Il suo apice fu raggiunto il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia.

Michel Foucault, sociologo, filosofo, psicologo e storico francese.

Michel Foucault, sociologo, filosofo, psicologo e storico francese.

Successivamente, con la caduta della monarchia e la nascita della repubblica, si sviluppò il regime del Terrore, che, con l’obiettivo di tutelare il nuovo ordine costituito dai nemici della repubblica, vide l’attuazione di una gran moltitudine di crimini a sfondo politico, alcuni di essi tra i più significativi della storia contemporanea. È il caso dell’esecuzione sommaria del re Luigi XVI, passato alla ghigliottina il 21 gennaio 1793, e di sua consorte, la regina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, avvenuta il 16 ottobre dello stesso anno. In seguito il Comitato di Pubblica Sicurezza si avvalse della centralità dei suoi poteri, eliminando ogni avversario politico o presunto tale; in particolar modo i girondini, oppositori all’esercizio del potere perpretato dai giacobini.
Le drastiche direttive del Comitato furono tra le cause principali di un ulteriore focolaio di ribellione in chiave antirivoluzionaria nei distretti nord-occidentali del Paese: le Guerre di Vandea videro lo scontro tra l’esercito rivoluzionario e quello cattolico e reale, ma le truppe repubblicane, oltre a reprimere i ribelli, perpetuarono sopprusi anche sulla popolazione civile. Addirittura alcuni storici ipotizzano che le guerre scoppiate in Vandea e in Bretagna sono il primo caso di genocidio nella storia contemporanea.
La rivoluzione francese propone una rottura storica col passato anche nell’esercizio della violenza: quest’ultima è una pratica non più esercitata esclusivamente dal regime dispotico nei confronti della popolazione, ma diventa uno valido strumento per i governati qualora le loro ragioni possono essere ai governanti solo attraverso una risoluzione drastica.
Nel caso della rivoluzione francese, si denota addirittura un circolo vizioso dell’abuso del potere coercitivo. A tal proposito il francese Paul Michel Foucault dichiara: 2

Il terrore non esiste solo quando alcune persone comandano altre e le fanno tremare, ma regna quando anche coloro che comandano tremano, perché sanno di essere presi a loro volta, come quelli individui su cui esercitano il potere, nel sistema generale dell’obbedienza.” 

Dalle vicende rivoluzionarie del 1789 si possono formulare due analisi di lettura circa la potenziale incisività e la crescente dimensione della violenza nei secoli successivi, anche in chiave terroristica.

Il filosofo, giurista, storico e politologo italiano Norberto Bobbio.

Il filosofo, giurista, storico e politologo italiano Norberto Bobbio.

La prima lettura offerta è in chiave sociologica: il crollo dell’Ancien Régime di Luigi XVI segnala un mutamento della concezione della politica, alimentato dalle correnti di pensiero che si sono formulate durante il secolo dei Lumi. Formule di pensiero come il razionalismo, l’egualitarismo e il contrattualismo annientano la staticità del potere politico, screditando il diritto divino dei re, il quale era un ordinamento politico, fondato sulla secolarizzazione dei concetti teologici, in cui trovava una legittimazione politca l’assolutismo monarchico. Già in Inghilterra tale ordinamento venne contestato, portando alla guerra civile del 1651 e alla Gloriosa Rivoluzione del 1688, sancendo definitivamente il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale. Il fenomeno terroristico legato ai gruppi paramilitari e clandestini basa il proprio fondamento sull’intrasigenza politica di un ordine costituito, al quale non viene accettata e giustificata la detenzione ultima del potere, e dunque la stessa legittimità politica. 3
Ad ogni modo è doveroso ricordare che il fenomeno terroristico si sviluppa intorno a quei ideologismi che attraversano il XIX° e il XX° secolo, assumendo spesso connotazioni estreme dalla conflittualità irriducibile, prevedendo non solo il predominio intollerante della propria ideologia, ma, in casi ancor più radicali, anche l’eliminazione dei suoi avversari.
La seconda analisi invece è connessa alla costituzionalizzazione e alla conservazione del regime che detiene il potere politico. Infatti se la rivoluzione francese scaturì da una forma esasperata di protesta, assumendo in seguito connotati sempre più marcatemente politici, la nascita della repubblica rivoluzionaria e l’istituzione del Comitato di Pubblica Sicurezza segna un punto di svolta. L’attuazione di espedienti repressivi da parte di un nuovo regime detta l’urgente necessità di quest’ultimo di consolidare il potere politico appena acquisito.
Con l’abbattimento del vecchio regime si istaura un regime dal carattere rivoluzionario, che teoricamente si prefigge l’obiettivo di risolvere i mali imposti dal suo precedessore, ma che in pratica avverte la necessità di applicare misure restrittive e coercitive non dissimili da quelle utilizzate dal vecchio regime. In sostanza, la sua indole rivoluzionaria, nonostante apporti novità all’interno del sistema, tende a conservarsi adottando criteri che in seguito lo rendono antirivoluzionario. Dunque il regime del Terrore perpetuato in Francia nel biennio 1793-1794, va ad orientarsi verso un’altra forma d’intendere la teoria politica sostenuta dal politologo italiano Norberto Bobbio, quella del regime utopico e del regime distopico, cioè il nesso sottilissimo che riguarda la realizzazione dell’ottima o della pessima repubblica. 4


NOTE

1 Mario Caprara e Gianluca Semprimi, Neri, la storia mai raccontata della destra radicale, eversiva e terrorista, Edizioni tascabili Newton, Roma, 2011, pagg. 240-241.
2 Paul Michel Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, traduzione italiana, p. 150.
3 Norberto Bobbio, Teoria generale della politica, Michelangelo Bovero (a cura di), Einaudi editore, Torino, 1999, pag. 6.
4 Ibis., pag. 5.

Author: Alessio Sacquegna

Share This Post On